L’Istituto per lo sviluppo della formazione professionale (ISFOL) ha condotto – insieme all’ISTAT – un’indagine sulle professioni dal punto di vista dei lavoratori, denominata Le professioni in tempo di crisi: competenze, abilità e condizioni di lavoro” (download .pdf).
 
La ricerca, che abbraccia i quattro anni dal 2008 al 2014, ha evidenziato come siano andati complessivamente perduti un milione di posti di lavoro nei soli raggruppamenti degli artigiani/operai specializzati e dei dirigenti/imprenditori.
 
È importante sottolineare che il calo dell’occupazione di dirigenti e imprenditori coinvolge quasi del tutto il settore privato, cuore dell’economia di mercato, lasciando indenne il comparto pubblico.
Non a casi, infatti, la classifica sulla percezione della stabilità e la sicurezza dell’impiego annovera ai primi posti professori universitari, dirigenti della magistratura e ambasciatori. Tali lavoratori dichiarano all'ISFOL anche di godere di forte autonomia decisionale, oltre che di retribuzioni molto al di sopra della media nazionale e di maggiori opportunità di avanzamenti di carriera.

Non appare quindi bizzarro che proprio gli alti livelli della pubblica amministrazione, quali tra gli altri i già citati dirigenti pubblici e professori universitari, notino un forte vento di positivo cambiamento nelle rispettive professioni, staccando di oltre dieci punti percentuali i colleghi del settore privato nella relativa classifica.
Passando alla classifica dell’esigenza di modernizzazione e aggiornamento, questa risulta trasversale nelle professioni ad elevata specializzazione; impietoso il raffronto con le professioni non qualificate: 90% contro 18%.
La forte domanda di aggiornamento, però, risulta frustrata da un ambiente lavorativo che in questo senso offre poche opportunità (per oltre una professione su tre la formazione non viene mai proposta). Per far fronte ad una così carente offerta formativa, è spesso il lavoratore a farsi carico autonomamente del proprio aggiornamento professionale.
 
Risulta infine amara la riflessione in merito al riconoscimento – tanto a livello occupazione, quanto a quello remunerativo – delle professioni più “elastiche, creative e resilienti” (ovvero le più adatte a fornire innovazione e risposte alla crisi). Queste ultime, infatti, mentre rimangono nella media in termini di garanzie occupazionali, si attestato addirittura al di sotto di due punti percentuali dello stipendio medio nazionale.
 
La ricerca ISFOL – ISTAT ci restituisce una panoramica sulle professioni italiane piuttosto controversa, dove il merito non viene riconosciuto e la modernizzazione spesso ignorata. Purtroppo non è certo l’unico indicatore negativo dell’economia italiana, basti guardare il crescente livello di disoccupazione.
L’auspicio è che coloro che oggi hanno il compito e la responsabilità di risollevare le sorti di un paese apparentemente vecchio e stanco riescano a definire un progetto basato su quei valori e quelle qualità che da sempre ci contraddistinguono, ma che oggi sembrano dimenticati.
 
"Non si può guidare un popolo se non gli si mostra un avvenire" - Napoleone Bonaparte