Articolo redatto dal Dott. Riccardo Cerulli - 28/01/2015

Il 22 gennaio 2015 il Servizio Studi BNL ha pubblicato un interessante rapporto dedicato alle Attivazioni e cessazioni contrattuali, un’analisi del mercato del lavoro dal lato dei flussi (download .pdf).

In una fase così critica dell'economia globale, l'analisi del rapporto tra posti di lavori creati e posti di lavoro perduti fornisce un elemento di riflessione per tutti gli addetti ai lavori. Il documento del Servizio Studi BNL fa una prima osservazione a livello comunitario prendendo in considerazione il Rapporto della Commissione europea "Recent trends in job vacancies and hiring in Europe" del dicembre 2014.

Allarmante il dato sul numero di assunzioni.

Risultano particolarmente compromesse le forme contrattuali più stabili, ovvero gli impieghi a tempo pieno ed a tempo indeterminato. Infatti, tanto il numero delle assunzioni a tempo pieno che quello a tempo indeterminato risultano del 20% inferiori a quelle del 2008. Ne consegue una sempre maggiore fragilità dei rapporti di lavoro nei paesi della Ue-28.
Come spesso accade in tali circostanze, il maggior decremento ha riguardato - e riguarda - le fasce sociali più deboli, con livelli di istruzione medio/bassi.

A livello nazionale la situazione non è differente. Nonostante un recupero nel terzo trimestre del 2014, il saldo tra attivazioni e cessazioni di contratti di lavoro è ancora lontano dai livelli pre-crisi. In più - a testimonianza di un profondo mutamento strutturale del sistema economico - si deve sottolineare che è nel settore agricolo che si registra un fortissimo incremento delle attivazioni; mentre soffrono i settori secondario e terziario.

Nello stesso mutamento rientra il fatto che per ogni lavoratore sono stati mediamente attivati 1,64 contratti; da ciò si può riscontrare come i lavoratori italiani cerchino di occupare contemporaneamente più posti di lavoro. Questo comportamento è dovuto tanto dalla mancanza di stabilità che può causare il "tempo determinato", quanto dai livelli di salario evidentemente troppo bassi.

I dati più recenti non forniscono indicazioni positive per un cambio di rotta perchè i rapporti di lavoro a tempo indeterminato tra gennaio e settembre 2014 sono calati dell'1,3% sul totale dei posti di lavoro rispetto al 2011 (16,4% contro 17,7%). Quello che si profila è un mercato del lavoro connotato principalmente da rapporti a tempo determinato, per lo più part time.

Posto che un labour market elastico e competitivo è alla base di una sana economia di mercato, non sembra individuarsi in quello italiano un modello di sviluppo vincente. Da contraltare alla flessibilità, infatti, devono essere presenti incentivi e garanzie che possano rendere il disoccupato (o l'inoccupato) "appetibile" per il datore di lavoro. Il cuneo fiscale al 47,8%, naturalmente, non è tra questi.