Dal crollo dei prezzi dei prodotti petroliferi iniziato nella seconda metà del 2014 e proseguito nel 2015, sono state avviate numerose ricerche per valutare l'impatto sul sistema economico globale e locale.

In particolare, il Centro Studi della Banca d'Italia ha pubblicato nel giugno 2015 un documento che analizza gli effetti della riduzione delle quotazioni del greggio sulla spesa energetica e sull'attività economica.
Interessanti gli spunti di riflessione derivanti dal lavoro della banca centrale.

Innanzitutto, si può dimostrare come il ruolo del petrolio stia radicalmente cambiando, perdendo importanza sia come fonte energetica, sia come riferimento di prezzo (benchmark) per il mercato dell'energia.
Nel primo caso, infatti, il contributo del petrolio al bilancio energetico nazionale si è notevolmente ridimensionato, a favore del gas naturale. Quest'ultimo sta via via subentrando al petrolio tanto negli usi domestici - dove gli impianti di riscaldamento a gas hanno raggiunto l'80% delle case nel 2013 - quanto negli usi industriali (42% della domanda energetica contro il 14% del petrolio). A questi si aggiunge anche la produzione termoelettrica per la quale si sta progressivamente abbandonando il ricorso ai prodotti petroliferi.
Per quanto concerne la perdita da parte del prezzo al barile del greggio del ruolo di valore di riferimento per tutti i prodotti energetici, la principale causa è l'istituzione dei mercati all'ingrosso del gas e dell'energia elettrica, derivanti dal processo di liberalizzazione dei mercati dell'energia. In particolare, le quotazioni del mercato dell'energia elettrica possono essere ormai considerate incorrelate con le quotazioni del mercato petrolifero. Tale dinamica ha influenzato il mix elettrico, favorendo l'uso di energie rinnovabili e di gas naturale per la generazione di elettricità.
 
Alla luce di quanto finora riportato, si stima che la progressiva marginalizzazione del petrolio avvantaggerà famiglie e imprese sostanzialmente solo attraverso il minor costo dei derivati del petrolio; per l'energia elettrica e il gas, gli effetti saranno invece trascurabili.
L'impatto sul PIL del calo dei corsi del greggio di circa il 40% rispetto ai prezzi del 2014, sarà debole: +0,2% della spesa delle famiglie e +0,1% degli investimenti nel 2015, con un effetto sul PIL di 0,2 punti percentuali.
 
A contribuire alla sterilizzazione del potenziale impatto positivo dell'abbassamento del costo del petrolio vi è il passaggio dai prezzi all'ingrosso ai prezzi al dettaglio, durante il quale i prezzi includono i costi per remunerare le infrastrutture utilizzate e, soprattutto la pressione fiscale. Nel nostro paese, infatti, la tassazione sull'energia è tra le più elevate del continente, superiore di oltre un terzo a quella della media UE. In tal senso, si sottolinea il caso del prezzo dei carburanti, dove la componente fiscale (IVA + accise) copre oltre il 60% del prezzo finale. Trend, oltretutto, in continua crescita per via degli incrementi delle accise tra il 2011 e il 2014 (aumento di 19 centesimi l'accisa sul gasolio e 16 centesimi l'accisa sulla benzina).
 
In sintesi, la presenza di una forte componente fiscale nei prezzi al consumo delle varie fonti energetiche diminuisce la correlazione che i corsi petroliferi hanno sulla determinazione dei prezzi dell'energia, con una conseguente perdita di benefici in una congiuntura di riduzione delle quotazioni.
 
Articolo redatto dal Dott. Riccardo Cerulli - 30/07/2015
 
BIBLIOGRAFIA
  • Petrolio e geopolitica: i risvolti sull'economia globale delle fluttuazioni del prezzo dell'oro nero - Tusciafisco.it, 06/02/2015.
  • Questioni di economica e finanza n. 279 - Banca d'Italia, giugno 2015.