La Sezione II, dedicata alle Banche di credito cooperativo, del Decreto Legislativo n. 385 del 1 settembre 1993 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia - TUB) è stata profondamente innovata con il Decreto-legge n. 18 del 14 febbraio 2016, denominato "Misure urgenti concernenti la riforma delle banche di credito cooperativo, la garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze, il regime fiscale relativo alle procedure di crisi e la gestione collettiva del risparmio" e convertito con modificazioni dalla L. 8 aprile 2016, n. 49.
La riforma delle banche di credito cooperativo ha quindi trovato - dopo un lungo dibattito - la sua normativa primaria ad aprile 2016 e quella primaria a novembre 2016, grazie al via libera della Banca d'Italia.

 
È opportuno a questo punto presentare i tratti salienti della riforma.
Obiettivo principale del legislatore è di modernizzare i criteri di gestione delle banche di credito cooperativo, favorendone quindi l'integrazione orizzontale ed il rafforzamento patrimoniale. In tal modo il settore del credito cooperativo dovrebbe essere in grado di garantire una migliore tenuta strutturale, così come richiesto dalle nuove regole europee e dell'Unione bancaria, pur mantenendo i caratteri essenziali di mutualità e localismo propri delle BCC.
Il nuovo articolo 33 del TUB prevede infatti che le banche di credito cooperativo potranno mantenere l'autorizzazione all'esercizio dell'attività bancaria solamente attraverso l'adesione ad un cosiddetto "gruppo bancario cooperativo", composto da una capogruppo in forma di società per azioni avente un patrimonio netto di almeno un miliardo di euro.

L'affiliazione al gruppo bancario cooperativo da parte delle singole BCC potrà avvenire solamente attraverso la stipula di un "contratto di coesione". Quest'ultimo disciplinerà, tra l'altro, i poteri di direzione e coordinamento della capogruppo; le condizioni di ammissione al gruppo e la garanzia in solido delle obbligazioni assunte dalla capogruppo e dalle altre banche del gruppo bancario cooperativo.
 
Va segnalata, in particolare, l'autorità conferita alla capogruppo, la quale può applicare sanzioni ed imporre correttivi di varie intensità, fino addirittura alla rimozione e sostituzione degli organi aziendali o l'esclusione della BCC dal gruppo.
Al fine di controbilanciare il citato potere della capogruppo, il suo capitale è detenuto in misura maggioritaria dalle BCC aderenti al gruppo, salvo l'eccezione prevista per lo stato di necessità che permette al Ministero dell'Economia e delle Finanze (MEF) di fissare una soglia di capitale diversa, così da rendere possibile l'ingresso di altri azionisti.

 
Per l'attuazione della riforma sono attribuite competenze normative secondarie al MEF e alla Banca d'Italia.
Il ministero può, ad esempio, alzare sopra il miliardo di euro la misura minima di patrimonio netto della capogruppo o definire una soglia di capitale della capogruppo detenuta dalle BCC inferiore alla maggioranza; mentre la Banca d'Italia si occuperò degli aspetti amministrativi, quali il contenuto minimo del contratto di coesione, le caratteristiche della garanzia in solido, il procedimento per la costituzione del gruppo e l'adesione allo stesso.
Ad ogni modo, a tutela della mutualità, viene confermato che ogni BCC deve operare prevalentemente con i soci e nell'ambito territoriale di competenza.

 
Infine, è previsto un periodo transitorio per l'avvio a regime del nuovo assetto di 18 mesi al massimo (esattamente il 3/5/2018) dall'entrata in vigore delle norme secondarie di attuazione. Per le BCC che decidono di non aderire ad un gruppo bancario cooperativo è previsto il way out (facoltà di uscire) al rispetto di specifiche condizioni: la BCC uscente deve avere un patrimonio netto superiore a 200 milioni di euro al 31/12/2015 e presentare entro 60 giorni dalla conversione del decreto-legge alla Banca d'Italia istanza per la cessione dell'azienda bancaria a una banca in forma di società per azioni, anche neocostituita. La BCC che esercita la facoltà del way out deve versare al bilancio dello Stato un importo pari al 20% del patrimonio netto.
 
Articolo redatto dal Dott. Riccardo Cerulli - 01/02/2017