Lo staff di tusciafisco.it segnala la pubblicazione della Risoluzione dell'Agenzia delle Entrate n. 78/E (download .pdf) del 12.11.2013, avente ad oggetto «Interpello – Articolo 11, legge 27 luglio 2000, n. 212 – Svalutazione delle rimanenze di magazzino valutate a costi specifici – Articolo 92, comma 5, del DPR 22 dicembre 1986, n. 917».

QUESITO
ALFA S.p.A. [di seguito “società istante”] dichiara di essersi aggiudicata ad un’asta giudiziaria presso il tribunale di … nel corso dell’anno 2010 un immobile ad uso abitativo di recente costruzione, facente parte di un complesso immobiliare composto da sei villette a schiera. Divenuta proprietaria dell’immobile con decreto di trasferimento del febbraio 2011, la società ha provveduto ad iscriverlo in bilancio – relativamente all’esercizio chiuso al 31 marzo 2011 – tra le “rimanenze”, valutandolo al costo specifico, comprensivo del prezzo di acquisto e degli oneri accessori, per poi procedere alla relativa vendita.
La perizia redatta dal Consulente Tecnico nominato dal Tribunale ha attestato la conformità dell’immobile alla licenza edilizia a suo tempo rilasciata dal comune, fatta salva la possibilità di condonare, secondo quanto previsto nel decreto giudiziario, eventuali difformità ai sensi della legge n. 47 del 1985. L’interpellante riferisce che quanto attestato dal consulente in sede di perizia si è rivelato infondato, in quanto l’intero complesso immobiliare è risultato essere totalmente difforme rispetto alla licenza edilizia; peraltro, non è stato possibile, diversamente da quanto precedentemente attestato, procedere al condono dell’opera.
La società istante ha, quindi, presentato ricorso al tribunale per l’annullamento dell’atto di trasferimento dell’immobile senza, tuttavia, ottenerlo. Anche il successivo reclamo non ha avuto esito favorevole. La perizia effettuata da un consulente incaricato dalla società, nel confermare l’impossibilità di procedere alla sanatoria, ha stimato un valore di mercato dell’immobile significativamente inferiore al prezzo di acquisto. Tale minor valore sarà oggetto di iscrizione in bilancio relativamente all’esercizio chiuso al 31 marzo 2013. Quanto sopra premesso, si chiede di sapere se la svalutazione contabile dell’immobile assuma rilevanza fiscale ai sensi dell’articolo 92 del TUIR.


PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE
L’articolo 2426, n. 9, del codice civile dispone che “Le rimanenze, i titoli e le attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni sono iscritti al costo di acquisto o di produzione, calcolati secondo il n. 1 ovvero al valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, se minore. Tale minor valore non può essere mantenuto nei successivi bilanci se ne sono venuti meno i motivi”. Il costo di acquisto ricomprende anche i costi accessori, mentre il costo di produzione è costituito dai costi diretti e indiretti per la quota parte ragionevolmente imputabile al prodotto, compresi “gli oneri relativi al finanziamento della fabbricazione interna o presso terzi” [cfr. articolo 2426, n. 1, c.c.]. Ai sensi del successivo n. 10, “Il costo dei beni fungibili può essere calcolato col metodo della media ponderata o con quelli «primo entrato, primo uscito» o «ultimo entrato, primo uscito». Se il valore così ottenuto differisce in misura apprezzabile dai costi correnti alla chiusura dell’esercizio, la differenza deve essere indicata, per categoria di beni, nella nota integrativa”.
Già in ambito civilistico, pertanto, si desume un trattamento diverso dei beni sulla base della natura degli stessi: solo per i beni fungibili non dotati di una propria individualità, per i quali è possibile la gestione in massa e il raggruppamento in categorie omogenee, è consentita la valutazione con criteri forfetari alternativi al costo [i.e. costo medio ponderato, FIFO, LIFO e relative varianti]. Ai fini della relativa valorizzazione a fine esercizio occorre, pertanto, attuare specifiche assunzioni sul flusso fisico di magazzino [cfr. principio contabile OIC n. 13 del 13 luglio 2005]. Diversamente, i beni infungibili, che per la loro specificità sono unici e non sono sostituibili con beni aventi caratteristiche perfettamente identiche, devono essere valutati al costo specifico [i.e. costo di acquisto o di produzione]. Per tali beni, infatti, risulta possibile una misurazione puntuale dei costi effettivi ad essi afferenti. E’ di tutta evidenza che la disciplina civilistica appena esaminata risulta improntata al rispetto del principio della prudenza nell’ambito di una rappresentazione veritiera e corretta dei fenomeni aziendali [cfr. articolo 2423 c.c.]. Ai fini fiscali, l’articolo 92, comma 1, del TUIR stabilisce che “(…) le rimanenze finali, la cui valutazione non sia effettuata a costi specifici o a norma dell’articolo 93, sono assunte per un valore non inferiore a quello che risulta raggruppando i beni in categorie omogenee per natura e per valore e attribuendo a ciascun gruppo un valore non inferiore a quello determinato a norma (...)” dei successivi commi 2, 3 e 4.
Il successivo comma 5 prevede che “Se in un esercizio il valore unitario medio dei beni, determinato a norma dei commi 2, 3 e 4, è superiore al valore normale medio di essi nell’ultimo mese dell’esercizio il valore minimo di cui al comma 1 è determinato moltiplicando l’intera quantità dei beni, indipendentemente dall’esercizio di formazione, per il valore normale”. La disciplina tributaria prevista in materia, così come riformata nell’ambito del Testo unico attualmente vigente, si pone dunque in rapporto di dipendenza dalla normativa civilistica nella misura in cui dà ingresso – ai fini della valutazione delle rimanenze – ai criteri adottati in bilancio, nel rispetto tuttavia di un valore minimo che la norma fiscale impone. In tale ottica, va letto l’esclusivo riferimento nell’ambito dei fenomeni valutativi – accolti eccezionalmente in sede di determinazione del risultato di periodo – alle giacenze di magazzino dei beni valutati con criteri forfetari di tipo convenzionale.
Il mancato richiamo nell’ambito del comma 5 dell’articolo 92 ai beni valutati a costi specifici porta, dunque, a ritenere che il legislatore abbia inteso individuare una specifica disciplina fiscale, ai fini della valutazione delle rimanenze, con esclusivo riferimento ai beni valutati con criteri di determinazione alternativi al costo, per i quali ha riconosciuto la possibilità di procedere alla relativa svalutazione. Tale facoltà risulta, al contrario, preclusa in relazione ai beni valutati al costo, la cui svalutazione non trova riconoscimento fiscale. Parimenti, ai sensi del comma 6 del medesimo articolo 92 sono valutati al costo i beni in corso di esecuzione al termine dell’esercizio, salvo quanto previsto per le opere, forniture e servizi di durata ultrannuale, la cui valutazione è fatta sulla base dei corrispettivi secondo le modalità previste dal successivo articolo 93.
Un’interpretazione difforme da quella appena riportata, che consentisse la deducibilità fiscale delle riduzioni di valore subite dai beni valutati al costo, non sarebbe in linea con la ratio della norma.
Tale soluzione appare, peraltro, coerente con quanto previsto per i soggetti IAS adopter dall’articolo 3, comma 2, del decreto 8 giugno 2011, che esclude, tra l’altro, “(…) la rilevanza fiscale dei maggiori o minori valori da valutazione degli immobili classificati ai sensi dello IAS 2 (…)”, i quali concorrono alla determinazione della base imponibile esclusivamente in sede di realizzo.
In definitiva, per quanto sopra argomentato, si è del parere che la svalutazione iscritta in bilancio dalla società istante relativamente all’immobile iscritto al costo di acquisto non assuma rilevanza ai fini IRES, rendendo pertanto necessario operare in sede di dichiarazione una variazione in aumento del reddito in misura corrispondente alla svalutazione contabile effettuata. Le Direzioni regionali vigileranno affinché i principi enunciati e le istruzioni fornite con la presente risoluzione vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.