In generale, la carica di amministratore attiene alla gestione della società e alla direzione dell'attività imprenditoriale, mentre l’assemblea dei soci può avere competenze autorizzative per determinati atti, in ogni caso, di regola, all’organo amministrativo spetta in via esclusiva la competenza di gestire, per l’appunto, amministrare.

Gli amministratori hanno la rappresentanza generale della società e le eventuali limitazioni al loro potere di agire in nome e per conto della società che risultano dallo statuto o da una decisione degli organi competenti non sono opponibili ai terzi, anche se pubblicate nel registro delle imprese, salvo che si provi che i terzi abbiano intenzionalmente agito a danno della società.

L'organo amministrativo può avere sia carattere unipersonale (amministratore unico) che collegiale, in tal caso assume il nome di consiglio di amministrazione (CdA).
In particolare, nelle S.r.l. la ripartizione delle competenze tra assemblea e organo amministrativo è conforme a quella delle S.p.A., tuttavia, nelle S.r.l. è possibile una diversa ripartizione di competenze tra assemblea e organo amministrativo con riduzione dei poteri gestori dell’organo amministrativo e l’attribuzione di questi poteri all’assemblea dei soci. Qualora sia costituito un CdA, l'atto costitutivo di S.r.l. può prevedere che le decisioni siano adottate mediante consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto.

La nomina degli amministratori spetta all'assemblea, fatta eccezione per i primi che sono nominati nell'atto costitutivo. Salvo diversa disposizione dello statuto sono rieleggibili e sono revocabili dall'assemblea in qualunque tempo, anche se nominati nell'atto costitutivo, salvo il diritto  al risarcimento dei danni, se la revoca avviene senza giusta causa; non possono essere nominati per un periodo superiore a tre esercizi, e scadono alla data dell'assemblea convocata per l'approvazione del bilancio relativo all'ultimo esercizio della loro carica. Entro trenta giorni dalla notizia della loro nomina, gli amministratori devono chiederne l'iscrizione nel registro delle imprese indicando a quali tra essi è attribuita la rappresentanza della società, precisando se disgiuntamente o congiuntamente.
 
Per la nomina di amministratore sono richiesti requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza, tuttavia lo statuto può imporre anche altri requisiti, purché non limiti oltremodo la possibilità di scelta dei soci, inoltre, possono essere amministratori sia soci che terzi.
Per quanto riguarda il requisito dell’onorabilità, viene identificato nella insussistenza di condanne penali per taluni reati ovvero nel non trovarsi in una condizione di ineleggibilità o decadenza (I reati presi in considerazione, sono generalmente reati di tipo bancario, commerciale, contro la pubblica amministrazione, contro la fede pubblica, contro il patrimonio, contro l'ordine pubblico, contro l'economia pubblica nonché in materia valutaria e tributaria).
Circa il requisito della professionalità, lo stesso deve essere inteso nel senso che il soggetto che riveste la carica di amministratore deve aver avuto precedenti esperienze lavorative qualificanti in relazione alla struttura ed all'attività svolta dalla società.
Con riferimento all’indipendenza, per essere considerati indipendenti, gli ammnistratori non devono intrattenere relazioni di natura economica con la società o con i suoi soci, tali da comprometterne l'autonomia di giudizio; nella S.p.A. non devono essere titolari direttamente o indirettamente di partecipazioni significative, in ragione delle quali possano essere considerati nel novero dei soggetti che controllano la società; non devono essere legati da rapporti familiari con gli amministratori forniti di deleghe operative o con chi si trovi in situazioni di incompatibilità.Non può essere nominato amministratore, e se nominato decade dal suo ufficio, l'interdetto, l'inabilitato, il fallito, o chi è stato condannato ad una pena che importa l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o l'incapacità ad esercitare uffici direttivi.
Diverse dalle predette ipotesi che costituiscono ineleggibilità sono le cause di incompatibilità.

 
Con riferimento alla presenza di una causa di ineleggibilità bisogna distinguere a seconda che la stessa sussista all'atto della nomina, rendendo così la stessa nulla, oppure intervenga nel corso dello svolgimento della carica, comportando così l'automatica ed immediata decadenza. Gli effetti di ineleggibilità operano di diritto, senza che sia necessario un atto di accertamento costitutivo da parte degli organi sociali.
 
L’incompatibilità, invece, comporta che l’amministratore nominato debba decidere se abbandonare l’incarico incompatibile, oppure rinunciare a ricoprire la relativa qualifica.
Tra le cause di incompatibilità previste dalla normativa vigente, vi sono le seguenti:
  • gli impiegati civili dello stato (artt. 60 e ss. del DPR 3/57);
  • la qualifica di agente di cambio (art. 1, II comma, del RDL 222/25);
  • i professori universitari di ruolo (i quali, allo scopo di assumere la carica di presidente o amministratore delegato di società a partecipazione pubblica, devono chiedere di essere collocati in aspettativa, art. 13, I comma, n.10 , del DPR 382/80);
  • i notai (possono ricoprire la funzione di semplici componenti del consiglio di amministrazione o anche di presidente del consiglio di amministrazione purché privo di effettivi poteri di gestione, art. 2 della Legge 89/13);
  • gli avvocati (possono ricoprire la funzione di semplici componenti del consiglio di amministrazione o anche di presidente del consiglio di amministrazione, purché sprovvisti di effettivi poteri di gestione, art. 3 del RDL 1578/33: cfr. Cass. Civ. Sez. Unite, 37/07 );
  • i parlamentari (art. 2 della Legge 60/53);
  • i componenti del CSM eletti dal parlamento (art. 33 della Legge 195/58);
  • il presidente e membri della Consob (art. 2 del D.l. 95/74);
  • colui che sia sindaco della medesima società (art. 2399 cod. civ. );
  • il socio illimitatamente responsabile in società concorrente, ovvero chi esercita per conto proprio o di terzi attività concorrente, ovvero gli amministratori e direttori generali in società concorrenti (salva autorizzazione dell’assemblea dei soci ex art. 2390 cod.civ. );
  • se l’amministratore è contemporaneamente inquadrato anche quale lavoratore dipendente della società. In sintesi, deve sussistere una netta distinzione tra chi costituisce e gestisce il rapporto di lavoro e chi è esecutore delle prestazioni di lavoro (non sussiste incompatibilità, se le prestazioni dovute in forza del rapporto di lavoro subordinato e la relativa retribuzione sono estranee alle attività tipiche dell’amministratore e sono individuabili i requisiti essenziali del lavoro dipendente).
L’amministratore/lavoratore, per la prestazione oggetto del rapporto di lavoro deve risultare in concreto assoggettato ad un potere disciplinare direttivo esercitato da altri amministratori, non essendo invece sufficiente impartire solo ordini di tipo preventivo e meramente programmatico.
Pertanto, l’amministratore unico non può essere anche lavoratore dipendente della stessa società, non ravvisandosi in tal caso il vincolo di subordinazione. Diversamente, l’amministratore/consigliere membro del CdA ben potrebbe anche prestare lavoro dipendente presso la stessa società purché non tutti consiglieri siano dipendenti e rimanga assicurata l’effettività del vincolo di subordinazione.
Per quanto attiene all’amministratore delegato invece, questi può essere dipendente della stessa società, purché sia sottoposto al controllo del consiglio di amministrazione o di altri eventuali amministratori delegati e purché non sia l’unico soggetto dotato di poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione.
 
Articolo redatto dall'Avvocato Andrea Cruciani
 
 
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