La cessione quote di s.n.c. determina una modifica del contratto sociale e può pertanto realizzarsi soltanto con il consenso di tutti i soci, salvo patto contrario espresso nel contratto medesimo. Ogni società infatti si costituisce mediante il contratto con cui due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di una attività economica allo scopo di dividerne gli utili. Ne consegue che ove il contratto - atto costitutivo non preveda la libera cessione della quota di partecipazione societaria ovvero la cessione del rapporto contrattuale di ciascun socio, ciò non può avvenire se non mediante una modifica contrattuale sottoscritta da tutti gli originari contraenti-soci. 
 
Se i soci sono soltanto due, è sufficiente l’accordo tra gli stessi ma nel caso particolare in cui la cessione della quota non sia fatta a terzi bensì all’altro socio, questi sarà tenuto a ricostituire la pluralità dei soci, mediante un’ulteriore cessione parziale, in quanto, ai sensi di legge, la società si scioglie quando viene a mancare la pluralità dei soci, se nel termine di sei mesi questa non è ricostituita, salva la trasformazione in società di capitali (s.r.l., s.p.a. ecc.) unipersonali.
Nella società in nome collettivo tutti i soci rispondono solidalmente ed anche con il proprio patrimonio personale di tutte le obbligazioni sociali e qualunque patto contrario non ha effetto nei confronti dei terzi che non sono soci. 
Colui che acquista le quote di un altro socio risponde con gli altri soci anche per le obbligazioni sociali anteriori all’acquisto, tuttavia, anche il cedente resta comunque responsabile delle obbligazioni sociali sorte prima della cessione.
In particolare, il socio uscente risponde solo per le obbligazioni sociali sorte fino al giorno della cessione della quota a condizione che il trasferimento sia portato a conoscenza dei terzi, mediante l’iscrizione presso l’Ufficio del Registro delle imprese, delle modificazioni dell’atto costitutivo e degli altri fatti relativi alla società, nel termine di trenta giorni, a cura di chi amministra la società, o a cura del notaio rogante l’atto di cessione quote. Il mancato rispetto di detta formalità comporta che la cessione non è opponibile ai terzi che, senza colpa, non hanno avuto notizia della cessione. Quel che rileva è, pertanto, la data in cui l’atto di trasferimento viene portato a conoscenza dei terzi mediante l’iscrizione della cessione nel Registro delle imprese tenuto da un apposito Ufficio presso la Camera di Commercio competente per territorio.

In generale, le parti spettanti ai soci nelle perdite come nei guadagni si presumono proporzionali alla quota di partecipazione alla società, determinata secondo il valore dei rispettivi conferimenti, che, se non è determinato dal contratto di società, si presume uguale anche se ciò vale soltanto nei rapporti interni tra i soci, che rimangono comunque solidalmente e illimitatamente responsabili nei confronti dei terzi per ogni obbligazione della società.
In sintesi, i debiti sociali si possono distinguere tra quelli anteriori al trasferimento della quota, dei quali il socio uscente risponde sempre, e i debiti sociali successivi al trasferimento della quota, dei quali, invece, il socio uscente non può essere chiamato a risponderne se la cessione della sua quota è stata portata a conoscenza dei terzi per il tramite della giusta e corrispondente annotazione nel Registro delle imprese.
In caso di mancata idonea pubblicità della cessione quote, anche il socio cedente potrà essere chiamato a rispondere oltre che dei debiti sociali anteriori alla cessione, anche per quelli sorti successivamente al trasferimento della quota, sebbene, in tale eventualità, potrà poi rivalersi sulla società e sugli altri soci, sempre che questi siano solvibili.

In conclusione, è sempre opportuna una esatta conoscenza della effettiva consistenza del patrimonio della società al momento della cessione, in altre parole, sapere se ci sono debiti, a quanto ammontano e chi sono i creditori. Si evidenzia, inoltre, che, ai sensi di legge, i creditori della società in nome collettivo non possono pretendere il pagamento dai singoli soci, se non dopo l’escussione del patrimonio della società.
 
Articolo redatto dall'Avv. Andrea Cruciani il 01/07/2015