L'avviso di accertamento è un documento attraverso il quale l'Agenzia delle Entrate comunica al contribuente un'eventuale incongruenza dei dati relativi al suddetto contribuente, rilevati dall'Agenzia stessa.
All'interno dell'avviso, quindi, vengono proposte le motivazioni, ovvero gli elementi di fatto e di diritto che hanno indotto l'Agenzia delle Entrate a ricalcolare reddito e relative imposte, ed il dettaglio dei calcoli svolti per la richiesta di eventuali maggiori imposte a carico del contribuente.
 
Una volta raggiunto dall'avviso di accertamento, il contribuente ha di fronte sostanzialmente quattro strade:
  • accettare tutte le richieste avanzate dall'Agenzia e fruire di agevolazioni sul pagamento delle sanzioni. Tale comportamentosi definisce giuridicamente acquiescenza (art. 15, d.lgs. 218/97);
  • pagare solamente le sanzioni e fare ricorso per le maggiori imposte (art. 17, d.lgs. 472/97);
  • chiedere all'Agenzia di riesaminare l'avviso di accertamento; cosiddetto riesame in autotutela (art. 2 quater, d.l. 564/94 e d.m. 37/97);
  • presentare ricorso (d.lgs. 546/92 e d.l. 78/2010).
Per quanto concerne il primo punto - l'acquiescenza - l'accettazione in toto delle richieste dell'ente impositore permette di ottenere la riduzione delle sanzioni ad 1/3 (fino al 1° gennaio 2016, ad 1/6 se l'avviso di accertamento non è stato preceduto da invito al contraddittorio o da processo verbale di constatazione definibile). Per ottenere tale agevolazione, il pagamento di imposte, sanzioni e interessi deve essere effettuato entro i 60 giorni successivi al ricevimento dell'avviso di accertamento (termine che corrisponde a quello stabilito per presentare ricorso).
Usufruendo della definizione agevolata, il contribuente implicitamente rinuncia tanto alla presentazione di istanza all'invito al contraddittorio, quanto ad impugnare l'avviso di accertamento.
Infine, è possibile il pagamento a rate, sempre usufruendo della riduzione delle sanzioni prevista per la definizione per intero.
 
In caso di definizione delle sole sanzioni (la seconda delle quattro azioni che il contribuente puà intraprendere dopo l'arrivo dell'avviso di accertamento), invece, è possibile pagare in un primo momento solamente le sanzioni (sempre entro 60 giorni) e quindi riservarsi la possibilità di fare ricorso solamente per le maggiori imposte. Anche in questo caso è prevista una misura agevolativa in quanto le sanzioni sono ridotte ad 1/3.
 
Terza ipotesi di risposta del contribuente all'avviso di accertamento è la citata richiesta all'Agenzia di riesame in autotutela.
Attraverso questa domanda - da presentare in carta semplice contenente un'esposizione sintetica dei fatti e ad essa allegata la documentazione su cui si fonda la richiesta di annuallamento - si invita l'Amministrazione a riconsiderare gli elementi e i dati posti alla base dell'atto stesso.
In questo modo, qualora l'Agenzia delle Entrate rilevasse un errore nel proprio operato, può correggere l'errore senza attendere la decisione di un giudice e, conseguentemente, annullare l'atto (c.d. autotutela).
L'annullamento dell'atto non legittimo comprende in automatico l'annuallamento degli atti ad esso consequenziali, come, a titolo di esempio, l'iscrizione a ruolo.Si ricorda che l'istanza di autotutela non sospende i termini di decorrenza per la definizione dell'avviso di accertamento o per il ricorso al giudice tributario.
 
L'ultima strada che può percorrere il contribuente colpito da avviso di accertamento è, infine, il ricorso, quando non si ha intenzione di pagare la somma richiesta dall'Agenzia.
In questo caso si devono seguire due distinti percorsi a seconda del valore della controversia.
Se il valore non supera i 20.000 €, infatti, il contribuente deve obbligatoriamente presentare - prima del ricorso - l'istanza di reclamo-mediazione all'Ufficio legale della Direzione dell'Ente impositore che ha emesso l'accertamento.
Tale istanza va presentata con lo stesso esatto contenuto che avrebbe il ricorso perchè se dopo 90 giorni al contribuente non viene comunicato l'accoglimento dell'istanza stessa o se la mediazione fallisce, è possibile costituirsi in giudizio in Commissione tributaria provinciale depositando l'istanza di reclamo-mediazione che vale come ricorso.
Durante i citati 90 giorni atti a consentire lo svolgimento del reclamo, sono sospesi i termini della riscossione e del pagamento delle somme dovute in base all'atto impugnato (il termine di 90 giorni è sospeso dal 1/8/ al 31/8 di ogni anno).
 
Se il valore della controversia supera i 20.000 € si può direttamente presentare ricorso entro 60 giorni dalla ricezione dell'avviso di accertamento alla Commissione tributaria provinciale.
Il contribuente deve essere assistito per il ricorso da un difensore (uno dei soggetti previsti dal comma 2, art. 12 del d.lgs. 546/92; es.: avvocati, dottori commercialisti, ...) quando l'importo contestato supera i 2582,28 €.
 
E' importante sottolineare che la presentazione del ricorso contro l'avviso di accertamento non arresta la riscossione a titolo provvisorio. Il contribuente che reputa di subire un grave danno dal pagamento effettuato prima della pronuncia della Commissione tributaria può chiedere, alla stessa Commissione, la sospensione giudiziale dell'atto con domanda motivata, da inserire nel ricorso o proporla con atto separato (in quest'ultimo caso va notificata all'ufficio contro cui si è proposto ricorso e depositata alla segreteria della Commissione tributaria, seguendo la stessa procedura del ricorso).
 
Articolo redatto dal Dott. Riccardo Cerulli - 10/07/2015
 
TAG: