La modernità ha imparato a conoscere una nuova forma di consorzio umano, definita come la società dell’incertezza, che si distingue tanto per il forte incremento dei rischi legati al progresso tecnologico e sociale, quanto per la globalizzazione delle economie e del diritto. Il sentimento di insicurezza che ne deriva è alla base della produzione di un ampio spettro di norme nazionali e sovranazionali finalizzato alla realizzazione di un network di amministrazioni pubbliche destinate a prevenire rischi e gestire emergenze.
 
Dal punto di vista strettamente letterale, l’emergenza viene definita come una difficoltà improvvisa, una circostanza imprevista o come una situazione che comunque impone di intervenire rapidamente mentre il rischio è definito come una possibilità prevedibile di subire un danno, un evento negativo come conseguenza del proprio comportamento o di difficoltà oggettive o, ancora, come il caso in caso le probabilità degli eventi futuri siano note (le definizioni sono ricavate da DE MAURO T., "Il dizionario della lingua italiana", Milano, Paravia, 2003).

I due concetti sono, quindi, distinti poiché, mentre nel rischio è insita la prevedibilità dell’evento (che può essere regolato dal diritto), l’emergenza si presenta come una situazione imprevista che, normalmente, non è esplicitamente regolata dal diritto vigente e deve essere affrontata come un’eccezione rispetto al sistema dei valori giuridicamente riconosciuti.
Nonostante di questi ultimi concetti non ne siano mai state elaborate nozioni giuridiche esaustive ed unitarie, rischi ed emergenze sono richiamati in molti istituti del diritto, come, in primo luogo, lo stato di guerra – proprio del diritto internazionale – o lo stato d’assedio, la decretazione d’urgenza, le ordinanze di necessità, tipici dei diritti costituzionale e amministrativo. In secondo luogo, per il diritto penale si possono citare la legittima difesa e lo stato di necessità; in terzo luogo lo stato di pericolo nella fase di conclusione del contratto per il diritto civile ed infine, per il diritto processuale, i provvedimenti cautelari.

Come si vedrà nel prosieguo dell’articolo, il diritto amministrativo si dedica al fenomeno dell’emergenza sotto diversi profili. Il primo è relativo all’uso dei poteri speciali e derogatori ed è pertinente alla ricerca della fonte del potere straordinario e dei suoi limiti, interessando anche profili di diritto costituzionale relativamente all’uso dei principi di legalità e di imparzialità nonché alla distribuzione delle competenze tra i vari livelli di governo della nazione. Ulteriore profilo è relativo alla valutazione del rischio dell’attività amministrativa ordinaria e, infine, il terzo profilo riguarda le forme organizzative dell’amministrazione delle emergenze, in quanto il tipo di funzione che l’amministrazione è chiamata a svolgere ha una netta influenza sulla sua forma organizzativa e, anzi, opera una sua diretta trasformazione.
 
Per quanto riguarda i poteri d’emergenza, situazioni eccezionali ed impreviste vengono contrastate dagli ordinamenti costituzionali con la previsione di potestà straordinarie, ossia con l’instaurazione di una disciplina di diritto temporaneo e derogatorio – cosiddetto stato d’eccezione – nella considerazione che il diritto ordinario non racchiuda norme consone alla circostanza eccezionale verificatasi.
I provvedimenti originati da tale regime assumono due caratteristiche: riguardano un fatto non affrontabile con mezzi ordinari; sono destinati a non incidere né ad appartenere all’ordinamento ordinariamente applicato, in quanto eccezionali, cioè che fanno eccezione.
Il precetto giuridico che ne deriva, pur collocandosi all’esterno dell’ordine giuridico ordinario, è comunque riconducibile ai principi costituzionali fondamentali, potendosi parlare di eccezione in senso relativo.
L’uso dei poteri straordinari si ricollega a due differenti ipotesi. La prima è quella dell’emergenza come rottura dell’ordinamento costituzionale: in questo caso il potere che viene messo in discussione è quello politico-legislativo e la rottura dell’ordinamento costituzionale è in funzione della difesa delle istituzioni. La seconda ipotesi è, invece, interna all’ordinamento costituzionale e l’uso dei poteri straordinari, anche quando comportano una sospensione di alcune garanzie o diritti, è sempre in funzione della tutela dei cittadini; in tale fattispecie il potere inciso dall’emergenza è, prevalentemente, quello amministrativo.
Sarebbe, anzi, proprio tale speciale disciplina alla fonte del regime speciale dell’emergenza e non l’evento stesso che, di per sé, rappresenta un fatto al quale non è ordinariamente associata una norma.

 
In altri termini, l’emergenza può essere considerata come un momento fisiologico della vita di un ordinamento e di una Costituzione, perciò anche laddove fossero assenti norme costituzionali analitiche relative a situazioni emergenziali, il potere straordinario troverebbe legittimazione nella necessità sia di conservazione dell’ordinamento, che di realizzazione dei numerosi diritti e garanzie che, specie nelle Costituzioni moderne, sono posti a tutela della salute, dei beni e dell’ambiente.
Come già accennato, le ripercussioni provocate sull’ordinamento dalle norme (o dagli atti) eccezionali riguardano la sostituzione – nel lasso di tempo colpito dallo stato d’eccezione – di queste alla regola ordinaria altrimenti adottabile, derogando ad essa ma senza influirne sulla vigenza. In questo modo, all’indomani della conclusione del periodo di emergenza, la norma sostitutiva eccezionale cede nuovamente il passo alla regola ordinaria.
Tralasciando le ipotesi estreme della rottura costituzionale e della transizione tra due ordinamenti costituzionali, la funzione dello stato d’eccezione è, dunque, quella di conservazione dell’ordine esistente.

 
Considerata in un’ottica giuridica, la situazione di emergenza è caratterizzata da quattro elementi: un fatto che dà luogo all’emergenza, una valutazione sulla necessità di ricorrere a strumenti eccezionali, l’effettiva instaurazione dello stato di emergenza e l’uso dei poteri emergenziali.
Una volta verificatosi l’accadimento emergenziale, quindi, l’autorità competente è tenuta a rilevare discrezionalmente l’eventuale inadeguatezza del diritto ordinario rispetto alla situazione in essere e, se necessario, instaurare il regime giuridico eccezionale, previa una dichiarazione sulla necessità di intervenire con mezzi straordinari per garantire la tutela dei beni e dei diritti messi in pericolo dalla situazione eccezionale.
L’evento e la dichiarazione dello stato di emergenza sono necessariamente legati da un nesso di causalità, risultante dal sopra citato giudizio di inadeguatezza, nel quale devono emergere sia gli elementi di carattere fattuale sia i motivi giuridici sull’insufficienza dei poteri ordinari.
Il giudizio discrezionale di necessità ha natura politica dato che deriva da valutazioni sui fatti, solo parzialmente vincolate dal diritto positivo e conseguentemente la responsabilità dell’organo che lo effettua sarebbe di natura politica. Infatti, le norme attributive di competenze straordinarie si limitano, in genere, ad individuare l’organo competente e le procedure da seguire; per cui spetta a tale organo il compito di decidere se ritenere o meno sussistenti le condizioni per la dichiarazione dello stato di emergenza.
La natura soggettiva del giudizio di necessità, tuttavia, non comporta la relatività del concetto stesso di urgenza perché, se l’autorità accerta la sussistenza di uno stato di necessità, sulla fase successiva – rappresentata dall’instaurazione dello stato di necessità – grava un carattere di doverosità. Lo stato di emergenza può essere istaurato in modo esplicito o in modo implicito, ossia mediante l’adozione di concrete misure emergenziali, ma deve sempre manifestarsi in un atto giuridico, così come la sua cessazione.
Infine, le norme che realizzano il fondamento giuridico del diritto straordinario hanno il solo obiettivo di individuare i poteri, le competenze e le procedure da applicare non potendo programmare in anticipo ed in astratto le fattispecie eccezionali che potrebbero verificarsi.
Si veda, a titolo di esempio, l’articolo 3 - rubricato Attività e compiti di protezione civile - della legge 24 febbraio 1992, n. 225, così come modificato dal decreto-legge n. 59 del 15 maggio 2012 convertito dalla legge n. 100 del 12 luglio 2012: disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile: «1. Sono attività di protezione civile quelle volte alla previsione e alla prevenzione dei rischi, al soccorso delle popolazioni sinistrate e ad ogni altra attività necessaria e indifferibile, diretta al contrasto e al superamento dell'emergenza e alla mitigazione del rischio, connessa agli eventi di cui all'articolo 2.
2. La previsione consiste nelle attività, svolte anche con il concorso di soggetti scientifici e tecnici competenti in materia, dirette all'identificazione degli scenari di rischio probabili e, ove possibile, al preannuncio, al monitoraggio, alla sorveglianza e alla vigilanza in tempo reale degli eventi e dei conseguenti livelli di rischio attesi.
3. La prevenzione consiste nelle attività volte a evitare o a ridurre al minimo la possibilità che si verifichino danni conseguenti agli eventi di cui all'articolo 2, anche sulla base delle conoscenze acquisite per effetto delle attività di previsione. La prevenzione dei diversi tipi di rischio si esplica in attività non strutturali concernenti l'allertamento, la pianificazione dell'emergenza, la formazione, la diffusione della conoscenza della protezione civile nonché l'informazione alla popolazione e l'applicazione della normativa tecnica, ove necessarie, e l'attività di esercitazione.
4. Il soccorso consiste nell'attuazione degli interventi integrati e coordinati diretti ad assicurare alle popolazioni colpite dagli eventi di cui all'articolo 2 ogni forma di prima assistenza.
5. Il superamento dell'emergenza consiste unicamente nell'attuazione, coordinata con gli organi istituzionali competenti, delle iniziative necessarie e indilazionabili volte a rimuovere gli ostacoli alla ripresa delle normali condizioni di vita.
6. I piani e i programmi di gestione, tutela e risanamento del territorio devono essere coordinati con i piani di emergenza di protezione civile, con particolare riferimento a quelli previsti all'articolo 15, comma 3-bis, e a quelli deliberati dalle regioni mediante il piano regionale di protezione civile.
7. Alle attività di cui al presente articolo le amministrazioni competenti provvedono nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente”».

 
Tali norme sono disciplinate sia in forma diretta dalla Costituzione, sia da norme ordinarie, come nel caso del potere di ordinanza, per le quali i principi costituzionali rappresentano comunque il parametro di validità.
Nella carta costituzionale italiana, il nucleo essenziale degli istituti dell’emergenza è costituito dagli articoli 77, che regola la decretazione d’urgenza; 78, che riguarda lo stato di guerra; 126, che disciplina i casi di possibile scioglimento del Consiglio regionale e di rimozione del Presidente della Giunta; 120, sui poteri sostitutivi straordinari, spettanti al governo nazionale nei confronti degli enti locali.
Con riferimento all’emergenza bellica, l’istituto disciplinato dall’art. 78 Cost. è puntualmente delimitato da una serie di elementi: innanzitutto il dettaglio contenuto nell’art. 11 Cost., dal quale si desume che l’unica guerra ritenuta legittima ha finalità difensive (in ossequio all’art. 52 Cost., che impone la difesa della patria come “sacro dovere del cittadino”), con esclusione dal quadro costituzionale di ogni aggressione od offesa militare contro altri Stati; inoltre, all’interno dello stesso art. 78, l’obbligo per le Camere di deliberare lo stato di guerra e di conferire al Governo tutti i poteri necessari alla salvaguardia dello Stato; infine, l’indicazione dell’art. 87, comma 9, Cost., per cui la dichiarazione di guerra spetta al Presidente della Repubblica.
Alla dichiarazione dello stato di emergenza segue l’assegnazione all’Esecutivo di ogni attribuzione o facoltà straordinaria, anche in deroga ai poteri e delle libertà fondamentali cristallizzate nella Costituzione. Appare chiaro come il legislatore costituente, oltre a designare i fattori costitutivi, coordini l’articolato complesso di garanzie dosando le competenze tra Parlamento, Consiglio dei Ministri e Presidente della Repubblica.

 
La decretazione d’urgenza, prevista dall’art. 77 Cost., consiste invece nell’esercizio straordinario, da parte del potere esecutivo, di potestà legislative normalmente attribuite al Parlamento. Quest’alterazione è causata da uno stato d’emergenza di derivazione non bellica e pertanto differisce dalla concessione di pieni poteri.
È evidente che il legislatore costituente abbia volutamente riservato l’uso di questo strumento a poche ipotesi eccezionali, poichè la norma fa riferimento ai soli casi straordinari caratterizzati dalla necessità ed urgenza di intervenire con l’iniziativa legislativa del Governo.Oltre agli elementi, inscindibili, della necessità e dell’urgenza, altro requisito è rappresentato dalla provvisorietà dello strumento legislativo che, qualora non convertito in legge nei sessanta giorni successivi, decade con efficacia ex tunc. Il carattere della temporaneità delimita cronologicamente l’esercizio del potere straordinario: appena varcato il confine temporale, si torna alla disciplina ordinaria, a prescindere dal fatto che il decreto sia stato convertito o meno.

 
Altra ipotesi di emergenza, contemplata nella Carta Costituzionale all’art. 126, riguarda lo scioglimento del Consiglio e la rimozione del Presidente della Giunta regionale per «atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge». I primi consistono in trasgressioni idonee a mettere in pericolo l’unità nazionale e i principi cardine dello Stato (democraticità dello Stato, principio di uguaglianza, ecc.); le seconde sono atti e comportamenti reiteratamente eversivi dell’assetto costituzionale. Anche “ragioni di sicurezza nazionale (sia interna che internazionale) possono comportare lo scioglimento o la rimozione degli organismi regionali.
Verificatosi il fatto emergenziale, segue il giudizio valutativo circa l’instaurazione dello stato di eccezione, che è rimesso all’esecutivo, al quale spetta, a seguito del parere, obbligatorio ma non vincolante, della commissione parlamentare, il potere-dovere di procedere allo scioglimento del Consiglio regionale.

 
L’ultimo articolo citato è il 120, che configura, al comma 2, la fattispecie sostitutiva straordinaria, in forza del quale «il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di […] pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali».
In questo caso la situazione fattuale è caratterizzata dall’inerzia del titolare del potere in via ordinaria, il quale non adotta gli atti e non compie le attività amministrative obbligatorie per lo Stato o per la comunità. Non ogni inerzia è rilevante a questi fini, ma solo quella di particolare gravità, tale da compromettere gli interessi essenziali dello Stato. In tali circostanze, il Governo attiverà i poteri amministrativi emergenziali, che devono essere sempre proporzionati e finalizzati al superamento della criticità.
 
Articolo redatto dal Dott. Riccardo Cerulli - 12/10/2016 - Serie di articoli dedicati all’emergenza nei contratti pubblici