La Direzione Generale per l'Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha fornito, in data 11 dicembre 2013, delucidazioni in merito al seguente argomento: «Accordo di ristrutturazione del debito (art. 182 bis, L.F.) e contributo di ingresso mobilità».

Testo integrale Interpello n. 34/2013 (download .pdf) del Minstero del Lavoro e delle Politiche Sociali - Direzione generale per l’Attività Ispettiva:
«Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro ha avanzato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Direzione generale in merito alla corretta interpretazione dell’art. 3, comma 3, L. n. 223/1991, nella parte in cui dispone l’esenzione, per le imprese sottoposte a procedure concorsuali, dal versamento del contributo d’ingresso dovuto per ciascun lavoratore collocato in mobilità ai sensi dell’art. 5, comma 4, della citata Legge.
In particolare, l’istante chiede se anche l’ipotesi di accordo di ristrutturazione del debito stipulato ai sensi dell’art. 182 bis della Legge Fallimentare, da imprese che nel corso del trattamento di CIGS abbiano necessità di attivare la procedura di mobilità di cui all’art. 4 della L. n. 223/1991, possa essere assimilata alle fattispecie previste dall’art. 3 comma 3 citato, ai fini dell’esenzione dal versamento contributivo in esame.
Al riguardo è stato acquisito il parere della Direzione generale per le Politiche Attive e Passive per il Lavoro mentre l’INPS, pur interpellato, non ha fornito riscontri.
Al fine di fornire la soluzione alla problematica sollevata, occorre richiamare in via preliminare la disciplina afferente agli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all’art. 182 bis, della Legge Fallimentare.
Il comma 1 della menzionata norma stabilisce che “l’imprenditore in stato di crisi può domandare, depositando la documentazione di cui all'articolo 161, l'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti, unitamente ad una relazione redatta da un professionista, designato dal debitore, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d) sulla veridicità dei dati aziendali e sull’attuabilità dell’accordo stesso con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei (…)”.
Il Legislatore dispone altresì che “l’accordo è pubblicato nel registro delle imprese e acquista efficacia dal giorno della sua pubblicazione. Dalla data della pubblicazione e per sessanta giorni i creditori per titolo e causa anteriore a tale data non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore, né acquisire titoli di prelazione se non concordati. Si applica l’articolo 168, secondo comma” (art. 182 bis, commi 2 e 3).
L’accordo di ristrutturazione del debito appare dunque configurare, così come già evidenziato da questo Ministero con nota prot. n. 14/4314 del 17 marzo 2009 ai fini della concessione del trattamento di integrazione salariale, uno strumento di risoluzione negoziale della crisi aziendale con caratteristiche assimilabili a quelle proprie del concordato preventivo.
Ciò, in primo luogo, in considerazione del fatto che entrambe le procedure trovano fondamento in una situazione di crisi dell’impresa, sfociando in una proposta di ripartizione del debito che coinvolge direttamente i creditori.
Si sottolinea, altresì, che lo stesso art. 182 bis, al secondo comma, prevede “l’acquisto dell’efficacia di tale atto alla data di pubblicazione nel registro delle imprese” e che “da tale data e per sessanta giorni i creditori per titolo e causa anteriore a tale data non possano iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore”, così come avviene nell’ambito della procedura di concordato preventivo ai sensi dell’art. 168 L.F. (v. ML nota prot. n. 14/4314 citata).
Per tali motivi, sembra possibile una “assimilazione” dell’istituto della ristrutturazione del debito con quelli di cui all’art. 3, comma 3, della L. n. 223/1991 ai fini dell’esonero dal versamento del contributo di cui all’art. 5, comma 4 della medesima Legge, atteso peraltro che tale esonero svolge, in tutte le ipotesi contemplate, la finalità di non incidere ulteriormente sulle situazioni di crisi delle imprese assoggettate alle procedure in questione».