Lettera del 20 giugno 2022

Ill.ma Prof.ssa Marta Cartabia
Ministra della Giustizia

On.le Avv. Francesco Paolo Sisto
Sottosegretario di Stato Ministero della Giustizia

Ill.ma Signora Ministra Cartabia, Ill.mo Signor Sottosegretario Sisto,

Sottopongo alla vostra autorevole attenzione un’istanza per una revisione oggettiva della responsabilità civile ascrivibile ai componenti degli organi di controllo delle società di capitali che introduca una migliore delimitazione della responsabilità degli stessi, anche in ottica della riforma delle norme penali fallimentari e preveda l’introduzione di un limite quantitativo. Nella piena consapevolezza della complessità del tema e gli approfondimenti anche di carattere comparatistico che saranno parte del percorso intrapreso vi ringrazio sentitamente sin d’ora a nome dell’intero Consiglio nazionale e della Categoria per l’attenzione che accorderete a questa nostra proposta.
L’occasione mi è grata per porgervi i miei più cordiali saluti.

Prof. Dott. Elbano de Nuccio

Istanza per una revisione oggettiva della responsabilità civile ascrivibile ai componenti degli organi di controllo delle società di capitali: introduzione di un limite quantitativo.
Il tema di porre una perimetrazione oggettiva alle responsabilità ascrivibili ai componenti degli organi di controllo delle società di capitali e con essa individuare anche una limitazione alla responsabilità in termini di azione risarcitoria nei confronti dei componenti degli organi di controllo delle società di capitali, ha mostrato nel tempo tutta la sua attualità.
Tale attualità non è mancata di emergere recentemente anche nei lavori Parlamentari e poche settimane fa, anche le Commissioni Giustizia di Camera e Senato si sono espresse in tal senso nei pareri rilasciati allo schema di decreto legislativo recante modifiche al codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza in attuazione della direttiva UE 2019/1023 (c.d. Insolvency), laddove entrambe hanno evidenziato come “affidando all’organo di controllo societario il compito di segnalare all’organo amministrativo la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza di nomina di un esperto per l’avvio della composizione negoziata della crisi in combinazione con il venir meno degli “indicatori della crisi”, originariamente previsti dall’articolo 13 del codice, rende molto incerta la responsabilità degli organi di controllo, soprattutto in riferimento al momento in cui si sarebbero dovuti attivare, non essendovi più una demarcazione oggettiva e verificabile del superamento di indicatori oggettivi”.
È dunque in primis una necessità di sistema che ad una sempre più ampia discrezionalità di giudizio attribuita all’organo di controllo societario finalizzata a favorire la più tempestiva emersione della crisi di una impresa, non debba corrispondere una responsabilità indiscriminatamente ampliata nel giudizio ex post che può esser dato di quell’operato. Ogni elemento sintomatico visto in momenti successivi assume infatti connotati assai diversi, dati principalmente della conoscenza dei fatti poi accaduti, talché l’operato
sul momento rischia di essere fonte di responsabilità successiva ascrivibile proprio alla conoscenza degli eventi postumi.
Non è dunque, affatto, una tensione ad evitare responsabilità per il proprio operato, bensì la necessità per il professionista coinvolto di poter agire in un perimetro leggibile dei confini in cui la discrezionalità del proprio operato sia ritenuta legittima sul momento e anche successivamente.
Proprio in tal senso, quindi, va letto ciò che le Commissioni Giustizia di entrambe le Camere hanno espresso nei pareri richiamati in avvio laddove hanno esplicitamente auspicato che “andrebbe valutata l’introduzione di una migliore delimitazione della responsabilità degli organi di controllo, anche in ottica della riforma delle norme penali fallimentari” riportando tale auspicio anche tra le osservazioni al parere favorevole.
Se anche le Camere, su un atto del Governo così rilevante e pertinente si esprimono in modo così esplicito, è lecito ritenere mature le circostanze che consentono di rivedere le attuali disposizioni che rendono illimitata la responsabilità del collegio sindacale impropriamente oggi al pari di quella di chi materialmente si rende colpevole di aver causato un danno patrimoniale, ovvero l’organo amministrativo.

Del resto, è oramai evidente anche per fatti concludenti la necessità di ricondurre ad un riferimento “finito” il danno risarcibile da parte del collegio sindacale per il non aver impedito le azioni degli amministratori che hanno determinato il danno ai creditori o a terzi.
L’esperienza ultraventennale della riforma del diritto societario autorizza a ritenere doveroso di superare la affermazione contenuta a suo tempo nella relazione di accompagnamento al decreto legislativo n. 6 del 17 gennaio 2003, che al capitolo 6. “Dell’amministrazione e del controllo”, paragrafo III. “Il sistema tradizionale”, capoverso 8. “Controllo contabile”, recitava:
Sia per i soggetti incaricati del controllo contabile, sia per i sindaci e per i componenti del consiglio di sorveglianza o del comitato per il controllo della gestione, la responsabilità è – come per gli amministratori e per i componenti del consiglio di gestione - illimitata.
La responsabilità ha infatti anche, e soprattutto, una funzione di deterrente, di spinta ad evitare violazioni dei rispettivi doveri. La conservazione di questa funzione deterrente se, da un lato, implica un sistema di responsabilità per colpa (non già un sistema di responsabilità oggettiva), d'altro lato può operare efficacemente solo con un sistema di responsabilità illimitata: consentire infatti una responsabilità limitata, facilmente assicurabile con premi modesti (per di più spesso a carico della stessa società amministrata o controllata), renderebbe gli amministratori, i sindaci e i revisori sostanzialmente irresponsabili e, quindi, privi di ogni tensione per porre in essere comportamenti diligenti, rispettosi della
legge e senza conflitti di interesse.


I richiamati fatti concludenti mostrano che la responsabilità illimitata ha assunto una funzione deterrente in primis per i patrimoni esposti degli amministratori, ma principalmente sta progressivamente allontanando dagli incarichi di sindaco tutti quei professionisti che non intendono esporre la propria reputazione professionale alla azione risarcitoria che il tempo ha mostrato essersi purtroppo delineata come denunciato in avvio della presente istanza. Dato che la riforma aveva molto accentuato l’importanza e la qualificazione della funzione di sindaco, la asserita funzione deterrente è andata ben oltre gli auspici del Legislatore e ciò non ultimo anche per la deriva giurisprudenziale già citata che ha attribuito di fatto (mai provati) poteri impeditivi al collegio sindacale tali da generare quella sorta di “responsabilità oggettiva” che la stessa relazione di accompagnamento al d.lgs. 6/2003 negava di implicare. La attuale assenza di qualunque limite ha prodotto e produce reiterate situazioni distorte, soprattutto in sede di procedure concorsuali, laddove si riscontra troppo spesso che una delle principali fonti dell’attivo è data dal presumibile realizzo delle azioni risarcitorie esperite nei confronti degli unici soggetti che, per Legge, sono assistiti da copertura assicurativa: i professionisti componenti degli organi di controllo. La distorsione è anche favorita dalla frequentissima incapienza dei patrimoni degli amministratori,
responsabili diretti dei danni causati ai creditori, talché la responsabilità diretta rimane priva di risarcimento che viene invece a generarsi tramite azioni legali nei confronti di chi ha una copertura assicurativa e dunque una possibilità di far fronte alle pretese risarcitorie, ancorché generate dall’agire di altri soggetti e per il solo (asserito e quasi mai provato) fatto di non aver esercitato tutte le possibili azioni per impedire tale agire.
A questo proposito si potrebbe, anzi si dovrebbe, aprire la discussione su quali possano essere gli asseriti “poteri impeditivi” che sono richiamati quali motivazione di colpevolezza in tante sentenze, ma è una discussione di pura dottrina che richiede un’altra e diversa sede e, forse, più opportunamente una revisione di sistema.
Giova invero sottolineare come il perdurare di tale anomala situazione ha portato ad ulteriori problemi in capo alle compagnie assicurative che, prive di un riferimento “finito” (inteso come non “infinito”) del potenziale danno, sono obbligate a determinare premi addizionali e specifici per la funzione di componente di collegio sindacale spesso più onerose addirittura del premio dell’intera polizza professionale.
Invero, l’esperienza di altri Paesi europei ci mostra che può esserci una soluzione tecnica che limita la responsabilità degli organi di controllo. Questo Consiglio Nazionale, in proposito, ha maturato la convinzione che riferirsi ad un multiplo del compenso possa rappresentare una soluzione equilibrata. Essa terrebbe conto altresì del criterio di progressività che caratterizza di regola la relazione tra complessità e compenso e, così facendo, anche la relativa responsabilità.
Ma non solo.


Con riferimento alle norme penali fallimentari richiamate nei pareri parlamentari in quanto in corso di revisione, è necessario ricordare che le polizze assicurative professionali sono contrattualmente non attivabili in sede penale. Ciò, per quanto comprensibile laddove la sede penale ha come riferimento il comportamento doloso, assume connotati assai meno accettabili laddove il comportamento è asseritamente doloso in virtù della fattispecie giurisprudenziale del “dolo eventuale”, che negli ultimi anni è stata progressivamente allargata affiancandola in parallelo alla configurazione del tutto ideale e mai circostanziata dei già citati “poteri impeditivi” del collegio sindacale.

In buona sostanza, si è oggi in una situazione per cui
• ritenere che effettivamente il collegio sindacale abbia poteri impeditivi e
• ritenere che il non averli attivati sia una delle cause che hanno generato i fatti penalmente rilevanti commessi dagli amministratori
conduce ad una asserita responsabilità penale diretta dei componenti del collegio sindacale che debbono troppo spesso essere sottoposti a lunghissimi processi penali, in cui dimostrare di aver fatto tutto ciò che era materialmente possibile non è talvolta neppure sufficiente.

E, comunque, tale faticosissima attività si espleta in un lasso temporale talmente lungo che il professionista è di fatto esposto a limitazioni alla propria attività che della reputazione fa il perno essenziale, nonché a circostanze di inopportunità a loro volta molto limitative delle capacità di assumere incarichi.
E, infine, ma tutt’altro che ultimo, tutto tale percorso processuale vede il professionista esposto al rischio (gravissimo) di misure cautelari, anche solo per il summenzionato aspetto per cui la copertura assicurativa non è attiva in virtù del rilievo penale delle condotte sottoposte a processo, misure illimitate nella potenziale portata al pari della responsabilità riferibile ai sindaci.

Questo ci riporta al punto iniziale, ovvero la incoerenza di un sistema che
• amplia la discrezionalità di azione degli organi di controllo societari per finalità di pubblico interesse affinché la crisi di un’impresa emerga quanto prima possibile,
• nel contempo però non ne delimiti il perimetro di responsabilità che in seguito possa essergli ascritta all’esito degli eventi maturati successivamente,
• per conseguenza, stanti le attuali prescrizioni normative, addossa la responsabilità illimitata anche agli organi di controllo, che
− da un lato diventa estremamente oneroso in sede civile a causa della illimitatezza del danno pretendibile, tanto che troppo spesso l’azione risarcitoria è una delle principali componenti dell’attivo della procedura concorsuale che agisce nei confronti del professionista,
− dall’altro in sede penale la responsabilità illimitata diventa estremamente lesiva del professionista fin quando non riesca a dimostrare di non essere colpevole, per il venir meno della copertura assicurativa unita alla eccessiva durata dei processi;
• infine, troppo spesso l’azione risarcitoria espletata in sede penale è spesso fondata sui medesimi presupposti che fanno perno sugli asseriti “poteri impeditivi”, ma con effetti dilanianti per i professionisti componenti dei collegi sindacali anche laddove alla fine si dimostrino incolpevoli.

In virtù di tali considerazioni, pur esposte sommariamente, questo Consiglio Nazionale con la presente istanza

chiede

a codesto Ministero di aprire un tavolo di confronto anche con i suoi uffici tecnici, al fine di individuare una revisione normativa equilibrata che:
• introduca una migliore delimitazione della responsabilità degli organi di controllo, anche in ottica della riforma delle norme penali fallimentari
• introduca una soluzione tecnica per una determinazione quantitativa al danno risarcibile, come già avvenuto nella esperienza di altri Paesi europei, soluzione che può ricondursi alla tecnica dei multipli dei compensi attribuiti,
• ponga fine alle distorsioni sommariamente ricordate e, contestualmente,
• trovi spazio applicativo anche in seno ai lavori di revisione dei reati fallimentari adesso che il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza sta molto ampliando gli ambiti discrezionali dell'attività professionale qualificata, fermi restando i requisiti di responsabilità professionale, anche deontologici oltre che risarcitori, che
debbono restare assolutamente fermo presidio di legalità.