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La pianificazione fiscale è un insieme di comportamenti leciti che possono essere adottati per ottimizzare il proprio carico tributario.

"Non possiamo prevedere il futuro ma possiamo prepararci ad esso" - Pericle

 

PEX al 5% per i dividendi percepiti da una srl

Più liquidità grazie al nuovo patent box

Prestazioni accessorie dei soci delle srl

Redditi da concessione in licenza di un marchio

Rimborso chilometrico all'amministratore di una srl per uso dell'auto privata

Ticket restaurant

Trattamento fine mandato amministratore

 

 

Francesco Cacchiarelli commercialista d'impresa e consulente adeguati assetti

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Opportunità adeguati assetti

Conseguenze mancanza adeguati assetti

Ricorso abusivo al credito codice della crisi

Guida l'impresa come guideresti la tua auto

I KPI per la verifica della continuità aziendale

Opportunità finanziarie e controllo di gestione

Verifica adeguati assetti PMI: perché e come farlo

Ammodernamento degli adeguati assetti gestionali

Analisi Centrale dei Rischi opportunità per le aziende

Perché è importante conoscere il tuo merito creditizio

Analisi di sensitività per comprendere meglio l'azienda

Verifica adeguati assetti PMI obbligo di formalizzazione

Gli indici di bilancio da evidenziare nel rapporto banca impresa

La dichiarazione di adeguatezza degli assetti e il falso in bilancio

 

La "shrinkflation", un termine composto dalle parole inglesi "shrink" (restringere) e "inflation" (inflazione), è una tattica commerciale subdola che sta guadagnando terreno nell'industria dei consumi. Questa pratica implica la riduzione delle dimensioni delle confezioni dei prodotti, mentre i prezzi rimangono fermi. Mentre i consumatori sono abituati a monitorare i prezzi, la shrinkflation sfugge facilmente alla loro attenzione, generando preoccupazioni sulla trasparenza e sull'etica delle aziende. 

Il Caso Toblerone e Altri Esempi:
Un caso che ha attirato l'attenzione sul fenomeno della shrinkflation è stato quello della celebre barretta di cioccolato Toblerone. Per far fronte all'aumento del costo del cacao, i produttori hanno deciso di ridurre il numero dei caratteristici "denti" di cioccolato, suscitando la reazione indignata dei consumatori. Ma Toblerone non è stato l'unico caso: il cioccolato Milka, gli snack Nestlé, la Coca-Cola e persino prodotti alimentari come la pasta Barilla hanno subito riduzioni nelle dimensioni delle confezioni.

Esempio: Pacchetto di Patatine Croccanti

Supponiamo di avere un pacchetto di patatine croccanti che inizialmente conteneva 200 grammi di patatine e costava €3.00. Il prezzo per 100 grammi sarebbe quindi €1.50.

Tuttavia, a causa dell'aumento dei costi degli ingredienti, il produttore decide di ridurre il peso del pacchetto da 200 grammi a 160 grammi, ma mantiene il prezzo di €3.00 invariato.

Situazione Iniziale:
Peso: 200 grammi
Prezzo: €3.00
Prezzo per 100 grammi: €1.50

Dopo la Shrinkflation:
Peso: 160 grammi
Prezzo: €3.00
Prezzo per 100 grammi: €1.88

Calcoliamo l'aumento percentuale del prezzo per 100 grammi:
Aumento percentuale = ((Nuovo prezzo per 100 grammi - Vecchio prezzo per 100 grammi) / Vecchio prezzo per 100 grammi) * 100
Aumento percentuale = ((€1.88 - €1.50) / €1.50) * 100 = 25.33%

In questo esempio, il produttore ha mantenuto il prezzo del pacchetto di patatine a €3.00, ma a causa della riduzione del peso da 200 grammi a 160 grammi, il prezzo per 100 grammi è aumentato da €1.50 a €1.88. Ciò rappresenta un aumento percentuale del 25.33% nel prezzo effettivo per unità di prodotto a causa della shrinkflation.

Questo banale esempio illustra come anche se il prezzo nominale sembra essere rimasto lo stesso, l'aumento nascosto delle dimensioni del prodotto può portare a un aumento significativo del prezzo per unità di misura.

Oltre l'alimentazione: Shrinkflation che si estende:
Sebbene l'attenzione sia spesso rivolta ai prodotti alimentari, il fenomeno della shrinkflation si sta diffondendo in altre industrie. Anche gli alberghi, come Marriott e Hilton, stanno adottando strategie simili, offrendo pacchetti con servizi differenziati a prezzi diversi. Anche i ristoranti stanno riducendo porzioni e ingredienti costosi per mantenere i costi sotto controllo.

L'intervento delle Associazioni dei Consumatori:
In Italia, le associazioni dei consumatori stanno sollevando la questione della shrinkflation, sottolineando come le aziende possano guadagnare a spese dei consumatori. Queste associazioni hanno presentato esposti e denunce alle autorità competenti per indagare se la shrinkflation violi le norme del Codice del Consumo e costituisca una pratica commerciale scorretta.

Come i Consumatori possono difendersi:
Vigilanza delle etichette: Leggere attentamente le etichette dei prodotti per controllare le dimensioni e il peso effettivo.

Calcolo del Valore: Calcolare il costo per unità di misura (come costo per chilogrammo o litro) per confrontare i prodotti in base al loro valore reale.

Informarsi: Rimanere informati sulle pratiche delle aziende e le tendenze di mercato per riconoscere possibili casi di shrinkflation.

 

La shrinkflation è un fenomeno subdolo che richiede la massima attenzione da parte dei consumatori. Mentre le aziende cercano di massimizzare i loro profitti attraverso questa pratica, è fondamentale che i consumatori siano consapevoli delle tattiche utilizzate e agiscano in modo informato. Monitorare attentamente le confezioni, calcolare il valore effettivo dei prodotti e rimanere coinvolti nelle iniziative delle associazioni dei consumatori può aiutare a prevenire gli effetti dannosi della shrinkflation sulle tasche dei consumatori.

 

 

 

 

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Nel contesto fiscale, l'istituto del credito d'imposta svolge un ruolo importante nel fornire agevolazioni fiscali alle imprese e promuovere determinate attività. Tuttavia, è fondamentale comprendere le differenze tra un credito d'imposta inesistente e un credito d'imposta non spettante, nonché le sanzioni che possono essere applicate in caso di utilizzo improprio o non corretto di tali crediti.

Credito d'imposta non spettante:
Il credito d'imposta si considera "non spettante" quando, pur essendo esistente, viene utilizzato in misura superiore a quella prevista dalla normativa o in violazione delle modalità di utilizzo previste. In altre parole, l'azienda può beneficiare di un credito d'imposta valido, ma ne fa un uso non conforme alle disposizioni vigenti. Ad esempio, se una società presenta richieste di credito d'imposta per un importo superiore a quello effettivamente dovuto o lo utilizza per finalità non ammissibili, il credito d'imposta verrà considerato non spettante.

In caso di utilizzo improprio di un credito d'imposta non spettante, l'azienda è soggetta a una sanzione che corrisponde al 30% del credito utilizzato in modo errato. Questa sanzione serve a disincentivare gli abusi e a garantire un uso corretto degli incentivi fiscali.

Credito d'imposta inesistente:
D'altro canto, il credito d'imposta si definisce "inesistente" quando manca completamente o in parte il presupposto costitutivo del credito, e la sua esistenza non può essere riscontrata attraverso controlli automatizzati o documentali. Ciò significa che l'azienda presenta richieste di credito d'imposta per un beneficio che non ha diritto di ricevere, magari basandosi su informazioni false o non verificabili.

L'utilizzo di un credito d'imposta inesistente è un comportamento che viene pesantemente sanzionato. Secondo l'articolo 13, comma 5, del Decreto Legislativo n. 471 del 1997, la sanzione è proporzionale e può variare tra il 100% e il 200% dell'importo del credito stesso. Questa sanzione più severa riflette l'importanza di evitare abusi nel sistema fiscale e di punire coloro che cercano di ottenere vantaggi indebiti attraverso la presentazione di crediti d'imposta falsi o non validi.


Per evitare sanzioni e problemi futuri, è fondamentale per le aziende essere consapevoli delle normative fiscali vigenti e assicurarsi di rispettare i requisiti necessari per beneficiare dei crediti d'imposta. In caso di dubbi o incertezze, è sempre consigliabile consultare un esperto fiscale o un commercialista per una corretta interpretazione delle disposizioni normative.

 

L’art. 10-quater Dlgs 74/2000 “Indebita compensazione” stabilisce che:
1. È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti non spettanti, per un importo annuo superiore a cinquantamila euro.
2. È punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti inesistenti per un importo annuo superiore ai cinquantamila euro.

 

 

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Ricorso abusivo al credito codice della crisi

Audit volontaria fascicolo credito imposta Formazione 4.0

La certificazione contabile obbligatoria per credito Ricerca e Sviluppo

Perché una certificazione degli adeguati assetti aziendali? Tu imprenditore te lo sei mai chiesto?

 

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La nota integrativa deve indicare, oltre a quanto stabilito da altre disposizioni:

1) i criteri applicati nella valutazione delle voci del bilancio, nelle rettifiche di valore e nella conversione dei valori non espressi all'origine in moneta avente corso legale nello Stato;

2) i movimenti delle immobilizzazioni, specificando per ciascuna voce: il costo; le precedenti rivalutazioni, ammortamenti e svalutazioni; le acquisizioni, gli spostamenti da una ad altra voce, le alienazioni avvenuti nell'esercizio; le rivalutazioni, gli ammortamenti e le svalutazioni effettuati nell'esercizio; il totale delle rivalutazioni riguardanti le immobilizzazioni esistenti alla chiusura dell'esercizio;

3) la composizione delle voci: "costi di impianto e di ampliamento" e: costi di sviluppo, nonché le ragioni della iscrizione ed i rispettivi criteri di ammortamento;

3-bis) la misura e le motivazioni delle riduzioni di valore applicate alle immobilizzazioni materiali e immateriali, facendo a tal fine esplicito riferimento al loro concorso alla futura produzione di risultati economici, alla loro prevedibile durata utile e, per quanto rilevante, al loro valore di mercato, segnalando altresì le differenze rispetto a quelle operate negli esercizi precedenti ed evidenziando la loro influenza sui risultati economici dell'esercizio;

4) le variazioni intervenute nella consistenza delle altre voci dell'attivo e del passivo; in particolare, per le voci del patrimonio netto, per i fondi e per il trattamento di fine rapporto, la formazione e le utilizzazioni;

5) l'elenco delle partecipazioni, possedute direttamente o per tramite di società fiduciaria o per interposta persona, in imprese controllate e collegate, indicando per ciascuna la denominazione, la sede, il capitale, l'importo del patrimonio netto, l'utile o la perdita dell'ultimo esercizio, la quota posseduta e il valore attribuito in bilancio o il corrispondente credito;

6) distintamente per ciascuna voce, l'ammontare dei crediti e dei debiti di durata residua superiore a cinque anni, e dei debiti assistiti da garanzie reali su beni sociali, con specifica indicazione della natura delle garanzie e con specifica ripartizione secondo le aree geografiche;

6-bis) eventuali effetti significativi delle variazioni nei cambi valutari verificatesi successivamente alla chiusura dell'esercizio;

6-ter) distintamente per ciascuna voce, l'ammontare dei crediti e dei debiti relativi ad operazioni che prevedono l'obbligo per l'acquirente di retrocessione a termine;

7) la composizione delle voci "ratei e risconti attivi" e "ratei e risconti passivi" e della voce "altri fondi" dello stato patrimoniale, nonché la composizione della voce "altre riserve";

7-bis) le voci di patrimonio netto devono essere analiticamente indicate, con specificazione in appositi prospetti della loro origine, possibilità di utilizzazione e distribuibilità, nonché della loro avvenuta utilizzazione nei precedenti esercizi;

8) l'ammontare degli oneri finanziari imputati nell'esercizio ai valori iscritti nell'attivo dello stato patrimoniale, distintamente per ogni voce;

9) l'importo complessivo degli impegni, delle garanzie e delle passività potenziali non risultanti dallo stato patrimoniale, con indicazione della natura delle garanzie reali prestate; gli impegni esistenti in materia di trattamento di quiescenza e simili, nonché gli impegni assunti nei confronti di imprese controllate, collegate, nonché controllanti e imprese sottoposte al controllo di quest'ultime sono distintamente indicati;

10) la ripartizione dei ricavi delle vendite e delle prestazioni secondo categorie di attività e secondo aree geografiche;

11) l'ammontare dei proventi da partecipazioni, indicati nell'articolo 2425 numero 15), diversi dai dividendi;

12) la suddivisione degli interessi ed altri oneri finanziari, indicati nell'articolo 2425, n. 17), relativi a prestiti obbligazionari, a debiti verso banche, e altri;

13) l'importo e la natura dei singoli elementi di ricavo o di costo di entità o incidenza eccezionali;

14) un apposito prospetto contenente:
a) la descrizione delle differenze temporanee che hanno comportato la rilevazione di imposte differite e anticipate, specificando l'aliquota applicata e le variazioni rispetto all'esercizio precedente, gli importi accreditati o addebitati a conto economico oppure a patrimonio netto, le voci escluse dal computo e le relative motivazioni;
b) l'ammontare delle imposte anticipate contabilizzato in bilancio attinenti a perdite dell'esercizio o di esercizi precedenti e le motivazioni dell'iscrizione, l'ammontare non ancora contabilizzato e le motivazioni della mancata iscrizione;

15) il numero medio dei dipendenti, ripartito per categoria;

16) l'ammontare dei compensi, delle anticipazioni e dei crediti concessi agli [spettanti agli] amministratori ed ai sindaci, cumulativamente per ciascuna categoria, precisando il tasso d'interesse, le principali condizioni e gli importi eventualmente rimborsati, cancellati o oggetto di rinuncia, nonché gli impegni assunti per loro conto per effetto di garanzie di qualsiasi tipo prestate, precisando il totale per ciascuna categoria;

16-bis) salvo che la società sia inclusa in un ambito di consolidamento e le informazioni siano contenute nella nota integrativa del relativo bilancio consolidato, l'importo totale dei corrispettivi spettanti al revisore legale o alla società di revisione legale per la revisione legale dei conti annuali, l'importo totale dei corrispettivi di competenza per gli altri servizi di verifica svolti, l'importo totale dei corrispettivi di competenza per i servizi di consulenza fiscale e l'importo totale dei corrispettivi di competenza per altri servizi diversi dalla revisione contabile;

17) il numero e il valore nominale di ciascuna categoria di azioni della società e il numero e il valore nominale delle nuove azioni della società sottoscritte durante l'esercizio;

18) le azioni di godimento, le obbligazioni convertibili in azioni, i warrants, le opzioni e i titoli o valori simili emessi dalla società, specificando il loro numero e i diritti che essi attribuiscono;

19) il numero e le caratteristiche degli altri strumenti finanziari emessi dalla società, con l'indicazione dei diritti patrimoniali e partecipativi che conferiscono e delle principali caratteristiche delle operazioni relative;

19-bis) i finanziamenti effettuati dai soci alla società, ripartiti per scadenze e con la separata indicazione di quelli con clausola di postergazione rispetto agli altri creditori;

20) i dati richiesti dal terzo comma dell'articolo 2447 septies con riferimento ai patrimoni destinati ad uno specifico affare ai sensi della lettera a) del primo comma dell'articolo 2447 bis;

21) i dati richiesti dall'articolo 2447 decies, ottavo comma;

22) le operazioni di locazione finanziaria che comportano il trasferimento al locatario della parte prevalente dei rischi e dei benefici inerenti ai beni che ne costituiscono oggetto, sulla base di un apposito prospetto dal quale risulti il valore attuale delle rate di canone non scadute quale determinato utilizzando tassi di interesse pari all'onere finanziario effettivo inerenti i singoli contratti, l'onere finanziario effettivo attribuibile ad essi e riferibile all'esercizio, l'ammontare complessivo al quale i beni oggetto di locazione sarebbero stati iscritti alla data di chiusura dell'esercizio qualora fossero stati considerati immobilizzazioni, con separata indicazione di ammortamenti, rettifiche e riprese di valore che sarebbero stati inerenti all'esercizio;

22-bis) le operazioni realizzate con parti correlate, precisando l'importo, la natura del rapporto e ogni altra informazione necessaria per la comprensione del bilancio relativa a tali operazioni, qualora le stesse non siano state concluse a normali condizioni di mercato. Le informazioni relative alle singole operazioni possono essere aggregate secondo la loro natura, salvo quando la loro separata evidenziazione sia necessaria per comprendere gli effetti delle operazioni medesime sulla situazione patrimoniale e finanziaria e sul risultato economico della società;

22-ter) la natura e l'obiettivo economico di accordi non risultanti dallo stato patrimoniale, con indicazione del loro effetto patrimoniale, finanziario ed economico, a condizione che i rischi e i benefici da essi derivanti siano significativi e l'indicazione degli stessi sia necessaria per valutare la situazione patrimoniale e finanziaria e il risultato economico della società;

22-quater) la natura e l'effetto patrimoniale, finanziario ed economico dei fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell'esercizio;

22-quinquies) il nome e la sede legale dell'impresa che redige il bilancio consolidato dell'insieme più grande di imprese di cui l'impresa fa parte in quanto impresa controllata, nonché il luogo in cui è disponibile la copia del bilancio consolidato;

22-sexies) il nome e la sede legale dell'impresa che redige il bilancio consolidato dell'insieme più piccolo di imprese di cui l'impresa fa parte in quanto impresa controllata nonché il luogo in cui è disponibile la copia del bilancio consolidato;

22-septies) la proposta di destinazione degli utili o di copertura delle perdite.

Le informazioni in nota integrativa relative alle voci dello stato patrimoniale e del conto economico sono presentate secondo l'ordine in cui le relative voci sono indicate nello stato patrimoniale e nel conto economico.

 

Conseguenze mancanza adeguati assetti

Misurazione delle performance aziendali

La reputazione aziendale come fattore differenziante

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Gli adeguati assetti aziendali e il positivo impatto sul sistema creditizio

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I commi 675-680 estendono fino al 30 aprile 2021, prevedendo l’attribuzione di ulteriori risorse, l’indennizzo per i servizi ferroviari a mercato di passeggeri e merci non soggetti a obblighi di servizio pubblico per compensare gli effetti economici subiti direttamente imputabili all’emergenza COVID-19, previsto dall’art. 214 del decreto-legge n. 34 del 2020, disciplinando altresì le modalità di rendicontazione e di attribuzione delle risorse nonché subordinando l’efficacia dell’autorizzazione di spesa sopra descritta alla dichiarazione di compatibilità da parte della Commissione europea (commi 675-678). È inoltre prevista l’estensione fino al 30 aprile 2021 della riduzione del canone per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria, attribuendo a tale scopo risorse ulteriori a Rete ferroviaria italiana e disponendo che la riduzione medesima possa giungere fino al 100 per cento della quota eccedente la copertura del costo direttamente legato alla prestazione del servizio ferroviario per i servizi ferroviari passeggeri non sottoposti ad obbligo di servizio pubblico e per i servizi ferroviari merci. Eventuali risorse residue sono destinate a compensare il gestore della rete ferroviaria delle minori entrate derivanti dal gettito del canone per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria nel periodo tra compreso tra il 1° gennaio 2021 e il 30 aprile 2021 (commi 679 e 680). In particolare il comma 675 autorizza la spesa di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2034 (per un totale di 420 milioni di euro) a beneficio delle imprese che effettuano servizi di trasporto ferroviario di passeggeri e merci non soggetti a obblighi di servizio pubblico per compensare gli effetti economici subiti direttamente imputabili all’emergenza COVID-19 registrati a partire dal 1° gennaio 2021 e fino al 30 aprile 2021. La relazione tecnica del disegno di legge presentato alla Camera dei deputati precisa che il fabbisogno di 420 milioni di euro è stato determinato sulla base di proiezioni della domanda per il prossimo anno che si prevede essere in linea con quella registrata nella parte finale del 2020 (-15% circa per il settore merci e -50% per il settore passeggeri rispetto ai livelli pre-COVID). Il comma 676 prevede che le citate imprese provvedano a rendicontare al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti entro il 31 luglio 2021 gli effetti economici sopra descritti, secondo le modalità definite con il decreto di cui al comma 4 dell’articolo 214 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34. L’articolo 214, al comma 3 ha previsto l’assegnazione di 70 milioni di euro per l'anno 2020 e di 80 milioni di euro annui dal 2021 al 2034 per i medesimi soggetti indicati dalla presente disposizione con riferimento agli effetti economici subiti, direttamente imputabili all'emergenza COVID-19, registrati a partire dal 23 febbraio 2020 e fino al 31 luglio 2020. Il comma 4 della stessa disposizione prevede che le imprese sopra indicate procedono a rendicontare entro il 31 ottobre 2020 gli effetti economici di cui al comma 3 secondo le modalità definite con un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, le cui disposizioni saranno quindi applicabili anche alle risorse previste dalla norma in commento. Il comma 5 dispone che le risorse complessivamente stanziate siano assegnate alle imprese beneficiarie, a compensazione degli effetti economici rendicontati ai sensi del comma 4, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro il 31 dicembre 2020. Il comma 5-bis, introdotto dall’articolo 44-bis del decreto-legge n.104 del 2020, infine ha disposto che le eventuali risorse residue di cui al comma 3, non assegnate con il decreto di cui al comma 5, sono destinate alle medesime imprese per gli effetti economici subiti direttamente imputabili all'emergenza da COVID-19 registrati a partire dal 1° agosto 2020 e al 31 dicembre 2020 prevedendo modalità di rendicontazione e di assegnazione di tali ulteriori risorse. Il comma 677 dispone che le risorse complessivamente stanziate sono assegnate alle imprese beneficiarie con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi entro il 31 ottobre 2021. Il comma 678 subordina l’efficacia dell’autorizzazione di spesa sopra descritta alla dichiarazione di compatibilità da parte della Commissione europea ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea. Il comma 679 autorizza la spesa di 20 milioni per il 2021 e 10 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2034 (per un totale di 150 milioni di euro) a favore di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. La misura indicata ha lo scopo di sostenere la ripresa del traffico ferroviario. Le somme sopra indicate sono dedotte da Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. dai costi netti totali afferenti ai servizi del pacchetto minimo di accesso al fine di disporre, dal 1° gennaio 2021 e sino al 30 aprile 2021, entro il limite massimo dello stanziamento indicato, una riduzione del canone per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria fino al 100 per cento della quota eccedente la copertura del costo direttamente legato alla prestazione del servizio ferroviario di cui all’articolo 17, comma 4, del decreto n. 112 del 2015 per i servizi ferroviari passeggeri non sottoposti ad obbligo di servizio pubblico e per i servizi ferroviari merci. Il canone per l’utilizzo dell’infrastruttura su cui applicare la riduzione di cui al secondo periodo è determinato sulla base delle vigenti misure di regolazione definite dall’Autorità di Regolazione dei Trasporti. La relazione illustrativa chiarisce che la riduzione, fino all’azzeramento, del canone per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria si riferisce alla “componente B del pedaggio”. La relazione tecnica precisa che dai “dati acquisti da RFI, risulta che la quota quadrimestrale dell’intera componente B definita dalla delibera 96/2015 per i servizi ferroviari passeggeri e per i servizi ferroviari merci, comporta una minore entrata pari a 150 milioni di euro calcolata sulla base dei dati dei volumi considerati dall’ART (tale importo si scompone in circa 28 milioni di euro per i servizi merci e circa 122 milioni di euro per i servizi passeggeri a mercato)”. Con delibera n. 96/2015 del 13 novembre 2015, l’Autorità di regolazione dei trasporti ha approvato i principi e criteri per la determinazione dei canoni di accesso e utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria (vd. anche l'Allegato alla delibera e il testo consolidato redatto dagli Uffici a seguito delle modifiche intervenute con la delibera n. 130/2019). La delibera definisce, nell'Allegato, la componente B del canone di accesso all'infrastruttura. In base a quanto previsto, essa dovrà concretizzarsi in una tariffa variabile, market-based, ossia: basata sull’importo medio chilometrico definito a partire dal costo correlato alla componente A (canone base) del pedaggio; rettificata, attraverso un coefficiente di maggiorazione, in funzione dell’importo dei costi residui per il recupero dell’Efficient Total Cost; ripartita in tre sub-componenti additive fra loro, sulla base di due fattori, stabiliti dal Gestore sulla base di motivate scelte di carattere tecnico-economico. Si ricorda che i principi e i criteri per la determinazione dei canoni di accesso e utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria sono attualmente definiti in Allegato alla delibera n. 96/2015. Si segnala che il comma 4 del dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 112 del 2015 prevede che i canoni per il pacchetto minimo di accesso e per l'accesso all'infrastruttura di collegamento agli impianti di servizio siano stabiliti al costo direttamente legato alla prestazione del servizio ferroviario, sulla base di quanto disposto al comma 1 e tenuto conto delle modalità di calcolo definite dall'atto di esecuzione di cui all'articolo 31, paragrafo 3, della direttiva 2012/34/UE che attribuisce, tra l’altro, alla Commissione europea le competenze di esecuzione in merito alle modalità applicabili al calcolo del costo direttamente legato alla prestazione del servizio ferroviario. La Commissione europea ha adottato a tal fine il Regolamento di esecuzione (UE) 2015/909, del 12 giugno 2015, relativo alle modalità di calcolo dei costi direttamente legati alla prestazione del servizio ferroviario. Si ricorda altresì che l’articolo 196, comma 3, del decreto-legge n. 34 del 2020 ha autorizzato la spesa di 155 milioni di euro per l'anno 2020 a favore di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A che la medesima società deve dedurre dai costi netti totali afferenti ai servizi del pacchetto minimo di accesso al fine di disporre, dal 1° luglio 2020 e sino al 31 dicembre 2020, entro il limite massimo del citato stanziamento, una riduzione del canone per l'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria, di cui all’articolo 17, comma 4, del decreto legislativo 15 luglio 2015, n. 112, pari al 60 per cento della quota eccedente la copertura del costo direttamente legato alla prestazione del servizio ferroviario per i servizi ferroviari passeggeri non sottoposti ad obbligo di servizio pubblico e pari al 40 per cento della quota eccedente la copertura del costo direttamente legato alla prestazione del servizio ferroviario per i servizi ferroviari merci. Si segnala infine che il pacchetto minimo di accesso comprende, secondo quanto disposto dall’articolo 13 comma 1 del decreto legislativo n. 112 del 2015, il trattamento delle richieste di capacità di infrastruttura ferroviaria, ai fini della conclusione dei contratti di utilizzo dell'infrastruttura; il diritto di utilizzo della capacità assegnata; l’uso dell'infrastruttura ferroviaria, compresi scambi e raccordi; il controllo e la regolazione della circolazione dei treni, il segnalamento e l’instradamento dei convogli, nonché la comunicazione di ogni informazione relativa alla circolazione; l’uso del sistema di alimentazione elettrica per la corrente di trazione, ove disponibile; tutte le altre informazioni necessarie per la realizzazione o la gestione del servizio per il quale è stata concessa la capacità. Il comma 680 prevede infine che eventuali risorse residue, di cui al comma 5, conseguenti anche a riduzioni dei volumi di traffico rispetto a quelli previsti dal piano regolatorio 2016-2021 e riferiti al periodo compreso tra il 1° gennaio 2021 e il 30 aprile 2021, sono destinate a compensare il gestore dell’infrastruttura ferroviaria nazionale delle minori entrate derivanti dal gettito del canone per l’utilizzo dell’infrastruttura ferroviaria nel medesimo periodo. In considerazione di ciò Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. trasmette al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e all'Autorità di regolazione dei trasporti, entro il 30 settembre 2021, una rendicontazione sull’attuazione delle disposizioni del comma 5. Si ricorda che l’articolo 196, comma 1, del decreto-legge n. 34 del 2020 ha destinato 115 milioni di euro per l'anno 2020 a favore di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. a compensazione dei minori introiti relativi alla riscossione del canone per l'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria nel periodo tra il 10 marzo 2020 e il 30 giugno 2020, prevedendo (comma 2) che RFI disponga una riduzione del canone per l'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria per i servizi ferroviari passeggeri e merci non sottoposti ad obbligo di servizio pubblico pari alla quota eccedente la copertura del costo direttamente legato alla prestazione del servizio ferroviario.

 

 

Fonte: Servizio Studi Senato della Repubblica - dossier 28/12/2020

I commi 672-674 rifinanziano fino al 2026, con risorse complessivamente pari a 50 milioni di euro per l'anno 2021, a 38,5 milioni di euro per l’anno 2022 e a 43,5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2026, sia il cosiddetto “marebonus”, di cui all’articolo 1, comma 647, della legge di stabilità 2016, che il cosiddetto “ferrobonus” previsto dall’articolo 1, comma 648, della medesima legge, mantenendo comunque ferme le risorse già assegnate a tali interventi per l’anno 2021, dalla legge di bilancio 2020. In particolare il comma 672 prevede l’attribuzione di ulteriori 25 milioni di euro per l'anno 2021, di 19,5 milioni di euro per l’anno 2022 e di 21,5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2026 per finanziare il cosiddetto “marebonus”. Con il cosiddetto "marebonus", previsto, dalla legge di stabilità 2016 (art. 1, comma 647), si è disposta la concessione di contributi per l'attuazione di progetti per migliorare la catena intermodale e decongestionare la rete viaria, riguardanti l'istituzione, l'avvio e la realizzazione di nuovi servizi marittimi per il trasporto combinato delle merci o il miglioramento dei servizi su rotte esistenti, in arrivo e in partenza da porti situati in Italia, che collegano porti situati in Italia o negli Stati membri dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo. A tal fine era stata autorizzata la spesa annua di 45,4 milioni di euro per l'anno 2016, di 44,1 milioni di euro per l'anno 2017 e di 48,9 milioni di euro per l'anno 2018. Con il decreto-legge n. 50 del 2017 è stata successivamente autorizzata la spesa di ulteriori 35 milioni di euro per l'anno 2018. La legge di bilancio 2020 ha autorizzato con riferimento al “marebonus” la spesa di 20 milioni di euro per l'anno 2021 (art. 1, comma 110). Si ricorda inoltre il decreto-legge n.34 del 2020 ha assegnato 30 milioni di euro per l’anno 2020 per il “marebonus”. Il comma 673 ha previsto l’attribuzione di ulteriori 25 milioni di euro per l'anno 2021, 19 milioni di euro per l’anno 2022 e 22 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2023 al 2026 per finanziare il cosiddetto “ferrobonus”. Con il cosiddetto "ferrobonus" sono stati autorizzati contributi per servizi di trasporto ferroviario intermodale in arrivo e in partenza da nodi logistici e portuali in Italia. A tal fine è stata autorizzata la spesa annua di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018 (art. 1, comma 648 della legge di Stabilità 2016). Con il decreto-legge n. 50 del 2017 è stata successivamente autorizzata la spesa di 20 milioni di euro per l'anno 2018 per il "ferrobonus". La legge di bilancio ha autorizzato a spesa di 14 milioni di euro per l'anno 2020 e di 25 milioni di euro per l'anno 2021 (art. 1, comma 111). Si ricorda inoltre il decreto-legge n. 34 del 2020 ha assegnato 20 milioni di euro per l’anno 2020 per il “ferrobonus”. Per ulteriori elementi informativi relativi al cosiddetto “marebonus” e al cosiddetto “ferrobonus” si rinvia all’apposito approfondimento “Gli incentivi per il miglioramento della logistica: ferrobonus e marebonus” sul portale della documentazione della Camera dei deputati. Il comma 674 infine subordina l’efficacia dell’autorizzazione di spesa sopra descritta alla dichiarazione di compatibilità da parte della Commissione europea ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea.

 

 

Fonte: Servizio Studi Senato della Repubblica - dossier 28/12/2020

Il comma 671 autorizza una spesa pari a 5 milioni annui dal 2021 al 2034 per sostenere le imprese detentrici e noleggiatrici di carri ferroviari merci, nonché gli spedizionieri e gli operatori del trasporto multimodale (MTO), limitatamente all'attività relativa ai trasporti ferroviari, che hanno subito dei danni economici connessi all'emergenza COVID-19. In base a quanto stabilito dal comma in questione, le imprese interessate dovranno produrre, entro il 15 marzo 2021, un rendiconto degli effetti economici subiti nell'arco temporale compreso tra il 23 febbraio 2020 e il 31 dicembre 2020. Le modalità di rendicontazione saranno definite da un apposito decreto interministeriale adottato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Il decreto dovrà essere adottato entro il mese di febbraio 2021. Le risorse a favore delle imprese beneficiarie, infine, dovranno essere assegnate con decreto del Ministero delle insfrastutture e dei trasporti, da adottare entro il 30 aprile 2021.

 

 

Fonte: Servizio Studi Senato della Repubblica - dossier 28/12/2020

Il comma 670 - introdotto dalla Camera - interviene in materia di proroghe di termini per il rilascio di concessioni di beni demaniali marittimi, lacuali e fluviali con finalità turistico-ricreative, ad uso pesca, acquacoltura ed attività produttive ad essa connesse nel senso di prevedere che la proroga fissata al 31 dicembre 2020 sia estesa anche alle concessioni rilasciate - esclusivamente ad uso pesca ed acquacoltura - a seguito di una procedura amministrativa attivata anteriormente al 31 dicembre 2009. È inoltre previsto che il suddetto termine di scadenza riguardi le concessioni scadute entro il 31 dicembre 2018. A tal fine novella il comma 18 dell’articolo 1 del D.L. n. 194/2009 (L. n. 25/2010). La disposizione qui novellata ha prorogato fino al 31 dicembre 2020 il termine di durata di talune concessioni in essere al 30 dicembre 2009 (data di entrata in vigore del D.L. 194/2009) e in scadenza entro il 31 dicembre 2015, in attesa della revisione della legislazione nazionale in materia. Le concessioni la cui durata è stata prorogata sono le concessioni di beni demaniali marittimi lacuali e fluviali con finalità turistico-ricreative, ad uso pesca, acquacoltura ed attività produttive ad essa connesse, e sportive, nonché quelli destinati a porti turistici, approdi e punti di ormeggio dedicati alla nautica da diporto. È stata altresì prevista la salvezza delle disposizioni di cui all'articolo 03, comma 4-bis, del D.L. n. 400/1993 (L. n. 494/1993), secondo cui le concessioni demaniali marittime rilasciate o rinnovate con finalità turistico-ricreative di aree, pertinenze demaniali marittime e specchi acquei possono avere durata superiore a sei anni e comunque non superiore a venti anni in ragione dell'entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare e sulla base dei piani di utilizzazione delle aree del demanio marittimo predisposti dalle regioni. Tali disposizioni non si applicano alle concessioni rilasciate nell'ambito delle rispettive circoscrizioni territoriali dalle autorità portuali. Ferma restando la disciplina relativa all'attribuzione di beni a regioni ed enti locali in base alla legge 5 maggio 2009, n. 42, nonché alle rispettive norme di attuazione, il procedimento di revisione del quadro normativo in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi lacuali e fluviali con finalità turistico-ricreative, ad uso pesca, acquacoltura ed attività produttive ad essa connesse, e sportive, nonché quelli destinati a porti turistici, approdi e punti di ormeggio dedicati alla nautica da diporto, deve essere realizzato, quanto ai criteri e alle modalità di affidamento di tali concessioni, sulla base di intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, che è conclusa nel rispetto dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento, di garanzia dell'esercizio, dello sviluppo, della valorizzazione delle attività imprenditoriali e di tutela degli investimenti, nonché in funzione del superamento del diritto di insistenza di cui all'articolo 37, secondo comma, secondo periodo, del codice della navigazione. Tale disposizione - abrogata dallo stesso comma 18, dell'articolo 1, del D.L. n. 194/2009 - aveva previsto che fosse altresì data preferenza alle precedenti concessioni, già rilasciate, in sede di rinnovo rispetto alle nuove istanze. L'attività di concessione del demanio pubblico rientra nell'ambito di applicazione della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (cosiddetta direttiva Bolkenstein). In particolare, la fattispecie della concessione demaniale rientra nel campo di azione dell'articolo 12, ai sensi del quale "Qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali (...), gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento" (par. 1). Il par. 2 della medesima norma aggiunge che "l’autorizzazione è rilasciata per una durata limitata adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico né accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami". La Corte di giustizia, nella sentenza del 14 luglio 2016 (cause riunite C-458/14 e C-67/15) relativa al sistema italiano di aggiudicazione delle concessioni balneari, ha avuto modo di specificare che "l’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che osta a una misura nazionale (...) che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico-ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati" (punto n. 57). Qualora poi le concessioni abbiano un interesse transfrontaliero certo, il divieto deriva direttamente dall'articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, che regola il diritto di stabilimento. Proprio richiamando la sopra citata giurisprudenza della Corte di giustizia, il Consiglio di Stato (sentenza n. 7874 del 18 novembre 2019) ha confermato che "la proroga ex lege delle concessioni demaniali aventi natura turistico-ricreativa non può essere generalizzata, dovendo la normativa nazionale ispirarsi alle regole della Unione europea sulla indizione delle gare" (par. 10). Pertanto, a fronte della cessazione del rapporto concessorio il relativo titolare vanta un "mero interesse di fatto" (e non già una situazione qualificata) a che l’amministrazione proceda ad una nuova concessione in suo favore. Si segnala che a carico dell'Italia risulta pendente la procedura di infrazione 2020/4118 dovuta alla non corretta applicazione della direttiva 2006/123/CE in virtù della reiterata proroga della durata concessioni balneari ad opera delle seguenti disposizioni di legge (si veda in questo senso la Banca dati Eurinfra):

1) articolo 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative), convertito con modificazioni nella legge del 26 febbraio 2010, n. 25. La disposizione ha prorogato fino al 31 dicembre 2020 il termine di durata delle concessioni in essere alla data del decreto stesso e in scadenza entro il 31 dicembre 2015. La disposizione era stata adottata "nelle more del procedimento di revisione del quadro normativo in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi lacuali e fluviali con finalità turistico-ricreative, ad uso pesca, acquacoltura ed attività produttive ad essa connesse, e sportive, nonché quelli destinati a porti turistici, approdi e punti di ormeggio dedicati alla nautica da diporto";

2) articolo 24, comma 3-septies, del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113 (Misure finanziarie urgenti per gli enti territoriali e il territorio), convertito con modificazioni nella legge 7 agosto 2016, n. 160, introdotto a seguito della citata sentenza della Corte di giustizia. "Nelle more della revisione e del riordino della materia in conformità ai principi di derivazione europea", ha confermato la validità della proroga descritta al punto precedente al fine di "garantire certezza alle situazioni giuridiche in atto e assicurare l'interesse pubblico all'ordinata gestione del demanio senza soluzione di continuità";

3) articolo 1, commi 675-685, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019), che ha stabilito la durata di quindici anni per le concessioni vigenti alla sua data di entrata in vigore (comma 682), nonché di quelle rilasciate successivamente a tale data a seguito di una procedura amministrativa attivata prima del 31 dicembre 2009 (comma 683);

4) articolo 182, comma 2, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito con modificazioni nella legge 17 luglio 2020, n. 77. Tale disposizione vieta alle amministrazioni competenti di avviare o proseguire, a carico dei concessionari che intendono proseguire la propria attività mediante l'uso di beni del demanio marittimo, lacuale e fluviale, procedimenti amministrativi per:

- la devoluzione delle opere non amovibili;

- il rilascio o l'assegnazione con procedure di evidenza pubblica delle aree oggetto di concessione alla data di entrata in vigore della legge di conversione. Tale disposizione è giustificata "per le necessità di rilancio del settore turistico e al fine di contenere i danni, diretti e indiretti, causati dall'emergenza epidemiologica da COVID-19"; 

5) articolo 100 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104 (Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell'economia), convertito con modificazioni dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126. Ha reso applicabili le disposizioni già riassunte al punto n. 3, introdotte dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145, alle concessioni lacuali e fluviali, comprese quelle gestite da società sportive, alle concessioni per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto ed ai rapporti aventi ad oggetto la gestione di strutture turistico-ricreative in aree ricadenti nel demanio marittimo per effetto di provvedimenti successivi all'inizio dell'utilizzazione. La procedura è stata approvata il 3 dicembre 2020 e si trova attualmente allo stato di messa in mora ex articolo 258 del TFUE. L'Italia potrà presentare le proprie osservazioni entro il termine di due mesi.

Si ricorda come negli anni scorsi era stata aperta contro l'Italia, sempre in relazione al rinnovo automatico delle concessioni e alla preferenza accordata al concessionario uscente, la procedura di infrazione n. n. 2008/4908. Per rispondere ai rilievi sollevati all'epoca dalla Commissione europea, il legislatore italiano è dapprima intervenuto - con l'articolo 1, comma 18, del menzionato decreto-legge 194/2009 - abrogando il secondo comma dell'articolo 37 del codice della navigazione, che dava preferenza al concessionario uscente in occasione del rinnovo delle concessioni. La Commissione europea, con un atto successivo (messa in mora complementare 2010/2734 del 5 maggio 2010) ha però evidenziato ulteriori profili di illegittimità della normativa italiana. In seguito agli ulteriori rilievi, con l’articolo 11 della legge comunitaria 2010 (legge n. 217 del 2011) è stato abrogato il comma 2 dell’articolo 01 del decreto-legge 400/1993 (Disposizioni per la determinazione dei canoni relativi a concessioni demaniali marittime), il quale fissava in sei anni la durata delle concessioni demaniali marittime e prevedeva il loro rinnovo automatico alla scadenza per la stessa durata. L’articolo 11 della legge comunitaria 2010 ha infine delegato il Governo ad emanare, entro il 17 aprile 2013, un decreto legislativo avente ad oggetto la revisione e il riordino della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittime. In conseguenza di questi interventi legislativi, la procedura di infrazione è stata chiusa in data 27 febbraio 2012.

 

 

Fonte: Servizio Studi Senato della Repubblica - dossier 28/12/2020

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